Kurt Joos e l’Espressionismo tedesco

Mary Wigman e Kurt Jooss rappresentano la danza espressionista. Due personalità differenti, due tendenze feconde e ricche di stimoli all’interno di una stessa corrente, tanto che per la prima si è parlato di espressionismo figurativo e per il secondo di essenzialismo. Jooss è una figura particolarmente importante poiché a lui risale l’attuale Tanztheater.

Jooss in prova con Pina Bausch

Nato a Wasseralfinge in Germania nel 1901, era figlio d’arte, sua madre era una cantante lirica, per questo approda alla danza dopo studi di musica e recitazione. Anche nel suo caso è l’incontro con Rudolf Laban ad orientare la sua vocazione e ad indirizzarlo verso lo studio teorico e pratico della danza.

Fra il 1922 e il 1923 fa parte della Tanzbühne, ove collabora come solista e assistente di Laban. Nel 1924 fonda una propria compagnia, la Neue Tanzbühne, per cui crea la sua prima coreografia di carattere espressionista (Un balletto persiano).

Dopo un periodo di studio trascorso a Vienna e a Parigi per apprendere la tecnica accademica, torna in patria e fonda ad Essen il Folkwang Tanztheater Studio, che si trasferirà all’Opera di Essen di cui, nel 1930, diviene maestro di ballo e coreografia.

Le problematiche toccate da Jooss erano culturalmente importanti: fondamentale fu il suo aggancio alla realtà, alla politica e alla critica sociale, anche se più tardi egli più volte negò di aver voluto fare teatro di opinione. Ma nei suoi lavori più significativi non si può evitare di accostare il suo pensiero a quel movimento della sinistra intellettuale tedesca che si riconduce a Brecht, a Toller e a tutti coloro che erano contro il il sistema o che combattevano le menzogne della repubblica di Weimar.

Nel ’32 Jooss crea il suo capolavoro, Der grüne Tisch (Il tavolo verde), che cade nell’anno precedente la crisi definitiva della repubblica di Weimar e l’ascesa al potere dei nazisti di Hitler. Esso significa due cose: l’affermazione di una solida struttura di danza, stilisticamente personale e fondamentalmente omogenea, e la possibilità di fare entrare un balletto non classico negli olimpi del repertorio.

Lo spettacolo vince il primo premio al Concorso internazionale di coreografia organizzato da «Les Archives internationales de la Danse» di Parigi. Il Tavolo verde è un’opera eccezionalmente forte, drammaturgicamente geniale per incisività e impatto espressivo, il più perfetto tra i balletti di Jooss. Sulla musica lieve e pungente di Fritz Cohen, esplode una satira crudele sull’ipocrisia dei potenti, che dell’altrui vita decidono senza scrupoli, riuniti a congresso attorno a un simbolico tavolo da gioco.

Il senso del grottesco, della dura satira, fu espresso in modo esemplare da Jooss in questa operazione che in seguito non fu mai eguagliata. Opera politica e pacifista, tragica, allegorica e ironicamente dolorosa, Der grüne Tisch sancisce la fama internazionale di Kurt Jooss, che decide di creare una sua compagnia autonoma, i Ballets Jooss, fondati nello stesso anno del debutto del Tavolo verde. Nel balletto si avverte la mano protettrice della scuola di Laban ed anche l’influsso degli ultimi coreografi di Diaghilev. Ma la secchezza di frasi la severità di scelte lo differenziavano dagli altri affascinando il pubblico. Questo balletto diventa il biglietto da visita di Jooss negli anni dell’esilio forzato cui il nazismo lo costrinse.

Il tavolo verde ebbe ritardi di comprensione fuori della Germania. Negli Stati Uniti fu prodotto solo nel 1967 grazie al Joffrey Ballet e in Italia arrivò a Genova ai Parchi di Nervi in occasione del Festival organizzato da Mario Porcile. Era il 1964 e lo spettacolo fu portato dal Balletto di Essen di cui era direttore Jooss. In quell’occasione danzò anche Pina Bausch.

Con la sua ipnotica struttura circolare, Table Verte di Kurt Jooss, è una ‘danza della morte in otto scene’, come recita il sottotitolo: i diplomatici mascherati, che discutono intorno al tavolo verde e sparano in aria a simboleggiare la dichiarazione di guerra, lasciano spazio a quadri drammatici che raccontano i conflitti e la loro intrinseca stupidità, con la presenza costante della Morte, ritratta come uno scheletro che si muove simile a un robot, perennemente assetato di vittime. La Morte diventa la figura centrale e inghiotte le sue vittime una dopo l’altra, eccetto un trafficante arricchito.

Pina Bausch e Kurt Jooss

Nel Tavolo Verde si evidenziano i temi fondamentali della dottrina di Jooss: l’appassionata tensione verso la protesta sociale, la denuncia di una condizione umana dolorosa ed oscura, la negazione del bello fine a se stesso. Temi riconoscibili nell’opera della sua allieva più famosa ed importante, Pina Bausch.

Alla base del lavoro coreografico di Jooss sta il principio dell’essenzialismo (secondo la terminologia adottata dallo stesso coreografo), nel senso di sintesi significativa di idee e di sentimenti attraverso tutte le loro gradazioni. Soltanto grazie alla concentrazione sull’essenziale, sostiene Jooss, è possibile ottenere un’autentica «forma danzante». Ogni balletto deve comporsi di una serie di immagini forti e concise, profondamente teatrali, atte ad esprimere il massimo grado d’intensità drammatica.

Compito del coreografo, quindi, è rivolgersi costantemente alla ricerca di un nucleo di realtà più denso, più atto a comunicare della realtà quotidiana stessa.

“La danza dev’essere innanzitutto teatro, rappresentazione delle verità più profonde di un’epoca – affermava Jooss – e a questo scopo qualsiasi movimento, qualsiasi sequenza di danza non può nascere se non con un senso teatrale preciso e profondamente significante, escludendo a priori ogni stratagemma calligrafico o formalistico”.

Nella sua danza, infatti è determinante il suo atteggiamento prettamente teatrale. Nei suoi lavori è riscontrabile una voluta esagerazione dei movimenti volta a calcare l’intensità delle sensazioni che esprimono. Il suo percorso artistico non disconosce l’importanza dell’impostazione accademica, ma ne ridimensiona la funzione, volgendo più attenzione al contenuto piuttosto che alla forma con cui viene narrato.

Sempre nel ’32, a Colonia, Jooss presenta The Big City, un balletto che, ammiccando al music-hall, narra i problemi e le sofferenze degli abitanti di una metropoli. Stavolta c’è una ragazza che torna a casa col suo ragazzo, un operaio, e che viene indotta da un libertino a seguirlo in una sala da ballo dove poi troverà solo delusione e sconforto. Anche questo balletto ha una certa parentela con il mondo brechtiano e con un certo americanismo.

Ma torniamo un po’ indietro per conoscere meglio questo coreografo. Nel 1928 si oppose sia ai suoi colleghi fautori del classico, sia ai fautori del moderno, affermando esplicitamente l’assurdità di contrapporre drasticamente le due forme di danza.

Nel 1933 con molto coraggio prende posizione sulla questione ebraica, rifiutandosi apertamente di separarsi dai suoi colleghi ebrei nel momento in cui scendere a patti col regime era all’ordine del giorno. A New York nei primi anni’30 si rifiuta di comparire sulle scene fino a che i suoi ospiti, un coro di colore, non sono ammessi al teatro dei bianchi. Naturalmente lo costringono ad abbandonare la Germania e a privarsi di tutto quello che aveva conquistato fino a quel momento.

Ovviamente gli esponenti del nazionalsocialismo, in Germania, non vedono di buon occhio né il comportamento, nè gli spregiudicati balletti a sfondo socio-politico creati da Jooss. Così l’avvento del nazismo al potere costringe il coreografo ad abbandonare il suo paese per trasferirsi all’estero, in Inghilterra. A Dartington Hall, presso Cambridge, Jooss, assieme al fedelissimo Leeder, fonda una scuola e ricostituisce la sua compagnia, siamo nel 1934.

Dal ’35 in poi presenta Ballade (1935, su musica di J. Colrnan), The Mirror, ispirato alle frustrazioni del dopoguerra (1935, musica di Fritz Cohen), Johann Strauss Tonight! (1935, musica di Strauss, arrangiata da Cohen), una nuova versione di Seven Heroes (1937, su musica di Purcell arrangiata da Cohen, balletto già presentato in una prima versione nel ’33), A Spring Tale (1939, musica di Cohen), Chronica (1939, musica di Goldschrmidt), una nuova versione del Figliol Prodigo (balletto già realizzato nel ’31 su musica di Prokofev, e riproposto nel ’39 in un allestimento originale su musica di Fritz Cohen).

Jooss durane le prove de Il Tavolo Verde

Ma nel 1939 mentre stava per partire per raggiungere i suoi ballerini in Sud America fu internato perché tedesco. “Avevo richiesto la cittadinanza britannica, ma i documenti per la naturalizzazione erano solo a tre quarti dall’iter. Mi internarono per 5 mesi. Il posto era recintato da filo spinato, ma per il resto la vita era piacevole. Passavo il tempo tenendo conferenze e lezioni di ballo”. E così venendo internato perde nuovamente casa, scuola e compagnia e anche la libertà.

Dopo un soggiorno in Cile, il suo ritorno nella Germania del dopoguerra fu frustrante sia dal punto di vista emotivo che artistico. Le incomprensioni con coloro che erano rimasti nel suo paese natio furono insormontabili. La sua arte veniva fraintesa e fu considerato “datato”. In ogni caso nel ’49, riorganizza il suo insegnamento presso la scuola di Essen, che torna a dirigere dal ’51. Ricostruisce anche il suo Folkwang Tanztheater, ma per difficoltà finanziarie deve sciogliere la compagnia nel ’53. Dal ’54 al ’56, è direttore del ballo del Teatro dell’Opera di Düsseldorf, dove ripropone due opere di Stravinskij: Pulcinella (creato nel ’32) e Persefone (che aveva già realizzato nel ’34 per Ida Rubinstein).

A partire dal ’62, anno in cui viene ricostituito il Folkwang Ballet, compone Die Feen Konigin (1962, musica di Purcell), Castor und Pollux (1962, musica di Rameau) e Dido und Aeneas (1966, musica di Purcell).

Alcune delle sue coreografie sono state oggi adottate da molte celebri compagnie di danza e balletto. Massimo profeta del balletto d’azione espressionista, Jooss formula una tecnica in cui l’accademismo, purificato da ogni cliché estetizzante, funga soltanto da base: eliminando perciò sovrastrutture virtuosistiche a favore di una danza edificata drammaturgicamente, in grado di tenere conto, innanzitutto, del «messaggio» da comunicare. In tal senso, si può dire che la tecnica di Jooss si costituisca come un solido ponte tra il balletto accademico e la danza libera.

Nella messa a punto del sistema didattico approntato da Jooss, parte integrante ha avuto Sigurd Leeder, il danzatore tedesco che lavorò a fianco del coreografo fin dalla fondazione della sua prima troupe, negli anni ’20. La tecnica creata da Jooss, oggi, è comunemente nota sotto il nome di tecnica Jooss-Leeder.

Dopo la morte della moglie, Aino Siimola, danzatrice anche lei, avvenuta nel 1971, Jooss si ritirò in Baviera ma continuò a curare gli allestimenti dei suoi lavori in tutto il mondo avvalendosi della collaborazione della figlia Anna. Jooss morì a Heilbronn, dopo un incidente automobilistico, il 22 maggio 1979.

Francesca Camponero

[Nella foto in alto una scena da Il Tavolo Verde]

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