InformaDanza
Entra nella comunita di InformaDanza

> chat dance
> forum
> cerco partner
> newsletter
> oroscopo
> scuole e palestre
> dove si balla
> eventi
> concorso fotografico
> giochi


Eventi del giornoEventi della settimana
Eventi del giorno
Eventi della settimana
  home ----> arti ----> letteratura ----> romeo e giulietta

ROMEO E GIULIETTA
William Shakespeare
Quinto Atto

SCENA I - Mantova, una strada

Entra ROMEO

ROMEO - Se debbo prestar fede
alle illusorie realtà del sonno,
i miei sogni mi fanno presagire
qualche felice nuova a breve termine.
Il tiranno signore del mio cuore
se ne sta assiso allegro sul suo trono,
e da stamane un insolito spirito
mi tien sospeso in giocondi pensieri.
Ho sognato come s'io fossi morto,
e la mia donna venisse da me
- strano sogno, che fa pensare un morto! -
e infondere, coi baci,
un tal soffio di vita alle mie labbra,
ch'io risorgevo e mi sentivo un Cesare.
Ah, com'è dolce il possesso d'amore,
s'anche sol la sua ombra
è sì ricca di gioia apportatrice!

Entra BALDASSARRE

Oh, ecco le notizie da Verona!
Hai lettere dal frate, Baldassarre?
Che fa mia moglie? Sta bene mio padre?
Ebbene, come sta la mia Giulietta?
Te lo chiedo per la seconda volta,
perché s'ella sta bene,
non c'è nulla per me che vada male.

BALDASSARRE - Allora ella sta bene, e non c'è nulla
che vada male. Il corpo suo riposa
nel sepolcreto della sua famiglia,
e quello che di lei era immortale
vive cogli angeli. L'ho vista io stesso
distesa nella cripta sotterranea
dei Capuleti, e son partito subito
per venirvelo a dire. Oh, perdonatemi
se vi reco un annuncio sì ferale,
ma siete stato voi a incaricarmene.

ROMEO - Ah, è davvero così?
E allora, stelle, stanotte vi sfido!
Baldassarre, tu sai dov'io dimoro;
cercami inchiostro e carta,
e vammi a noleggiare due cavalli.
Voglio partire subito stanotte.

BALDASSARRE - Calmatevi, signore, vi scongiuro.
Siete pallido in viso, stralunato,
e mi fate temer qualche altro guaio.

ROMEO - Che! Che! T'inganni. Lasciami qui solo,
e fa' quel che t'ho detto. Fra' Lorenzo
non t'ha dato per me nessun messaggio?

BALDASSARRE - No, nessuno, signore.

ROMEO - Non importa.
Va' subito e noleggiami i cavalli.
Io ti raggiungerò immediatamente.

(Esce Baldassarre)

Giulietta, giacerò con te stanotte.
Vediamo come procurarci il mezzo.
O perdizione, come tu sei lesta
a entrare nei pensieri
d'un uomo in preda alla disperazione!
Mi viene appunto in mente
che dovrebbe abitare qui nei pressi
uno speziale; tempo fa l'ho visto
che, vestito di stracci e torvo in viso,
s'aggirava qui intorno, allampanato,
ridotto pelle e ossa dalla fame,
a coglier semplici ed erbe diverse.
Dentro la squallida sua botteguccia
era appesa una grossa tartaruga
accanto a un coccodrillo imbalsamato,
e pelli di diversi brutti pesci;
e tutt'intorno, su degli scaffali,
un'accozzaglia di scatole vuote,
vasi di terracotta color verde,
vesciche enfiate e sementi ammuffite,
spaghi e pasticche di rosa canina
rinsecche e tutte forate dai tarli;
il tutto sparso qua e là alla meglio,
come messo a far mostra.

Davanti a tal miseria, mi son detto:
se uno abbisognasse d'un veleno,
la cui vendita a Mantova è vietata,
anzi punita fino con la morte,
qui vive un miserabile pitocco
che glielo venderebbe... Quel pensiero
precorreva l'attuale mio bisogno:
perché adesso quest'uomo,
bisognoso com'è da parte sua,
deve vendermi proprio quel veleno.
Dovrebbe abitar qui, se ben ricordo.
Ma oggi è festa, e la bottega è chiusa.

(Chiama)
Ehi, ho, speziale!

Entra lo SPEZIALE, uscendo da casa

SPEZIALE - Chi grida così?

ROMEO - Senti, brav'uomo. Vedo che sei povero.
Ho qui quaranta ducati per te:
procurami una dose di veleno,
ma qualcosa d'effetto così rapido
che si diffonda subito nel sangue
e chi lo assuma, stanco di campare,
cada subito, lì, morto stecchito,
e il corpo gli si svuoti del suo fiato
con la violenza e la rapidità
con cui esce la polvere da sparo,
accesa, dalla bocca d'un cannone
seminator di morte.

SPEZIALE - Quella droga, signore, io ce l'ho,
e micidiale. Ma la legge a Mantova
punisce con la morte chi la vende.

ROMEO - E tu, tu hai paura di morire,
miserabile e nudo come sei?
Sulle tue guance si legge la fame,
negli occhi t'agonizza la miseria
ed il bisogno; porti appesi al collo
visibilmente il disprezzo del prossimo
e la più misera pezzenteria;
il mondo non t'è amico,
né ti fu mai amica la sua legge;
il mondo non ha legge
che faccia ricco uno come te.
Allora, perché vuoi restare povero?
Infrangila, la legge, e prendi questo!

(Gli porge il borsello coi denari)

SPEZIALE - (Prendendo il denaro)
È la mia povertà che v'acconsente,
non la mia volontà.

ROMEO - Ed io pago di te la povertà,
non già la volontà. Dammi il veleno.

SPEZIALE - (Porgendogli una fiala)
Ecco: versatelo in qualunque liquido,
e bevetelo tutto, fino in fondo:
aveste pur la forza di venti uomini,
vi spedirà di colpo all'altro mondo.

ROMEO - E questo è il tuo denaro, ch'è veleno
ancor peggiore all'anima dell'uomo,
perché commette, in questo sozzo mondo,
più delitti di quei poveri intrugli
che a te non è permesso di spacciare.
Perciò son io che vendo a te veleno,
non tu a me. E con ciò ti saluto.
Addio. Comprati roba da mangiare
e rimettiti in carne come puoi...

(Esce lo Speziale)

Ora, veleno, per me non veleno
ma cordiale, alla tomba di Giulietta:
andiamo, è là che mi dovrai servire.

(Esce)

SCENA II - La cella di Frate Lorenzo

Entra FRATE GIOVANNI

FRATE GIOVANNI - (Chiamando)
Frate di San Francesco! Ohilà, fratello!

FRATE LORENZO - Questa è la voce di Fratel Giovanni...

(Vedendolo)
Ben tornato da Mantova, fratello.
Che t'ha detto Romeo? O se l'ha scritto
quanto ha da dirmi, dov'è la sua lettera?

FRATE GIOVANNI - Per avere una compagnia nel viaggio,
m'ero messo a cercare un confratello,
un fraticello scalzo del nostro ordine
che assiste gli ammalati qui in città,
e alla fine l'avevo rintracciato,
quand'ecco che le guardie sanitarie,
sospettando che noi si fosse usciti
da una casa infestata dalla peste,
ci hanno chiuso le porte di città,
e non ci hanno permesso più di uscire.
E lì è rimasto il mio viaggio per Mantova.

FRATE LORENZO - E allora la mia lettera a Romeo,
chi la portò?

FRATE GIOVANNI - Nessuno. Eccola qui.
io non ho più potuto né mandargliela,
né trovar messo che te la portasse,
tanta era la paura del contagio
in ciascuno di loro.

FRATE LORENZO - Oh, sorte avversa!
Questa lettera, pel sacro mio ordine!,
non era cosa di poca importanza,
ma gravida di serie conseguenze,
ed averne mancato la consegna
può esser causa di grossi guai!
Va', corri a procurarti un grimaldello,
e portamelo qui, nella mia cella,
ma subito, però.

FRATE GIOVANNI - Vado, fratello:
vado di corsa, e te lo porto subito.

(Esce)

FRATE LORENZO - Ora devo dirigermi da solo
al sepolcreto, dove fra tre ore
dovrà destarsi la bella Giulietta;
e chi sa come mi maledirà
perché non ho informato il suo Romeo
di tutto quello che sta succedendo!
Scriverò subito di nuovo a Mantova,
e terrò lei con me, nella mia cella,
fintanto che Romeo non sia arrivato...
Povera morta viva,
racchiusa nel sarcofago di un morto!

(Esce)

SCENA III - Un cimitero col monumento sepolcrale
dei Capuleti. Notte

Entra PARIDE col suo PAGGIO, che reca fiori e una torcia accesa

PARIDE - Ragazzo, dammi adesso quella torcia,
e tieniti a distanza; anzi, no, spegnila,
ché non vorrei che alcuno mi vedesse.
Vatti a stender laggiù, sotto quei tassi
con l'orecchio poggiato bene a terra,
e bada a percepire tutti i passi
che senti rimbombare sul terreno
malfermo per lo sterro delle fosse,
e se senti qualcosa, fammi un fischio.
Dammi quei fiori e fa' quel che t'ho detto.

PAGGIO - (Tra sé)
Trovarmi solo, in questo cimitero...
Ho paura... Facciamoci coraggio!...

(Si allontana)

PARIDE - O profumato fiore, d'altri fiori
ecco, io cospargo il tuo letto di sposa...
Oh, struggimento! È tutto pietra e polvere
questo tuo baldacchino!
Ma ogni notte verrò qui ad aspergerlo
di dolce acqua, e se acqua non avrò,
delle lagrime distilleranno
le mie lamentazioni.
L'esequie ch'io celebrerò per te
saranno di cospargere ogni notte
di lacrime e di fiori il tuo sepolcro.

(S'ode il fischio del Paggio)

Il fischio del ragazzo...
Segnala l'appressarsi di qualcosa.
Qual piede maledetto può aggirarsi
stanotte in questi luoghi a disturbare
il funebre tributo del mio amore?...
Che! Il lume di una torcia?
Per poco, notte, tienimi nascosto.

(Si ritrae)

Entrano ROMEO e BALDASSARRE;
questi ha in mano una torcia, un piccone e altri arnesi

ROMEO - Dammi il piccone e quel ferro ritorto.
Toh, prendi questa lettera:
la porterai domani, appena giorno,
al mio signore e padre. Dammi il lume.
Per la tua vita, tieniti a quest'ordine:
qualunque cosa, adesso,
t'accada di vedere o di sentire,
non ti muovere, resta dove sei,
non ti venisse in mente d'interrompermi
in tutto quello che mi vedi fare.
La ragione per cui mi calerò
in quel letto di morte,
sarà in parte per contemplare il volto
della mia donna, per l'ultima volta,
ma soprattutto per tôrle dal dito
un anello prezioso, un certo anello
che mi serve ad un uso assai importante.
Ed ora va', allontanati; e sta' attento
che se ti colgo che mi torni indietro,
sospettoso, a spiare le mie mosse,
giuraddio, ti riduco a pezzettini,
e spargo le tue membra dappertutto
dentro questo vorace cimitero!
Bada che l'ora e le mie decisioni
son feroci, tremende, inesorabili,
più che non siano quelle d'una tigre
affamata o d'un mare burrascoso.

BALDASSARRE - Vado, vado, non vi disturberò

ROMEO - Bravo, solo così
m'avrai mostrato di volermi bene.
Tieni, prenditi questo. Vivi e prospera.

(Gli dà una borsa)

BALDASSARRE - (Tra sé)
Quel suo sguardo però mi fa paura,
e delle sue intenzioni non mi fido.
Resterò qui nascosto, nei dintorni.

(Si ritira)

ROMEO - Odiosa fauce, grembo della morte,
del più dolce boccone della terra
satollo, le tue putride mascelle
io di forza spalanco, e d'altro cibo
a tuo dispetto vengo a impinguarti.

(Spezza col piccone la porta del sepolcro)

PARIDE - (A parte)
Ma questi è quel borioso del Montecchi;
colui ch'è messo al bando,
l'assassino del giovane Tebaldo,
il cugino di lei, dell'amor mio;
ed è stato quell'assassinio il colpo
cui pare che non abbia resistito
quella bella creatura, e se n'è morta...
Sicuramente è qui per profanare
con qualche atto nefando ed oltraggioso
questi poveri morti. Io l'arresto!

(Si fa avanti)
Interrompi quest'empia tua fatica,
vigliacco d'un Montecchi!... La vendetta
può dunque crescere oltre la morte?
Io t'arresto, furfante fuori legge.
T'ordino di seguirmi; e tu obbedisci
perché devi morire.

ROMEO - E per morire sono qui venuto.
Mio caro giovanotto,
non provocare un uomo disperato;
va' via, meglio per te, lasciami solo;
pensa a tutti costoro che son morti,
e l'idea di seguirli ti spaventi.
Ti scongiuro, non far che sul mio capo
s'aggiunga, costringendomi alla furia,
altro peccato. Va', va' via di qua!
Io ti tengo più caro di me stesso,
te lo giuro sul cielo, perché armato
contro me stesso son venuto qui.
Non rimanere, va'! Vivi, e racconta
che è stata la mercé d'un forsennato
a risparmiarti.

PARIDE - Sdegno i tuoi scongiuri,
e qui t'arresto come traditore.

ROMEO - Vuoi proprio provocarmi? Allora, in guardia!
Difenditi, ragazzo!

(Si battono)

PAGGIO - (Venendo avanti)
Oh, Dio! Si battono!
Si battono. Vado a chiamar le guardie.

(Esce)

PARIDE - (Cadendo colpito)
Oh, son ferito!... S'hai pietà di me,
scoperchia questa tomba,
mettimi giù a giacere con Giulietta!

(Muore)

ROMEO - Lo farò... Ma ch'io veda questa faccia

(S'inchina sul cadavere)
più da presso... Il parente di Mercuzio,
il Conte Paride!...
Che mi diceva il mio servo per via,
mentre cavalcavamo a questa volta
che lì per lì la mia mente turbata
non mi fece capire troppo bene?
Credo proprio dicesse che Giulietta
sarebbe andata sposa a questo Paride...
O non ha detto questo?... Avrò sognato?...
O son io che son pazzo a pensar questo,
sentendolo parlare di Giulietta?...
Dammi la mano, tu, che, come me,
fosti segnato nell'amaro libro
della sventura! Ti seppellirò
in una tomba splendida... Una tomba?

(Scoperchia la tomba, scopre il corpo di Giulietta)

Che dico, no! Una cupola di luce,
giovane ucciso, perché in questo luogo
giace Giulietta, e la bellezza sua
di questa oscura cripta fa una sala
perennemente illuminata a festa!
Morto, mettiti dunque là a giacere,
per la mano d'un uomo ch'è già morto.

(Depone il corpo di Paride nella tomba,
poi si ferma a mirare quello di Giulietta)

Com'è vero che gli uomini, morendo,
hanno un fugace tratto di letizia:
uno sprazzo, che quelli che li vegliano
soglion chiamare "il lampo della morte".

Oh, ma poss'io chiamare questo tuo
soltanto un lampo?... Amore mio, mia sposa!
La morte che ha succhiato tutto il miele
del tuo fiato, non ha ancor trionfato
di tua beltà, non t'ha ancor conquistata!
Ancor sulle tue labbra e le tue guance
risplende rosea la gloriosa insegna
della bellezza tua: su te la Morte
non ha issato il suo pallido vessillo...
Tebaldo, tu che te ne stai là in fondo
nel tuo bianco lenzuolo insanguinato,
qual maggiore tributo posso renderti
che spezzare con questa stessa mano
che ha spezzato la tua giovane vita
quella dell'uomo che ti fu nemico?
Perdonami, cugino!... O mia Giulietta,
perché sei tanto bella ancora, cara?
Debbo creder che palpita d'amore
l'immateriale spettro della Morte?
E che quell'aborrito, scarno mostro
ti mantenga per sé qui, nella tenebra,
perché vuol far di te la propria amante?
Per tema, io resto qui con te, in eterno;
e più non lascerò questa dimora
della notte, qui, qui, voglio restare
insieme ai vermi, tue fedeli ancelle,
qui fisserò l'eterno mio riposo,
qui scrollerò dalla mia carne stanca
il tristo giogo delle avverse stelle.
Occhi, miratela un'ultima volta!
Braccia, carpitele l'estremo amplesso!
E voi, mie labbra, porte del respiro,
suggellate con un pudico bacio
un contratto d'acquisto senza termine
con l'eterna grossista ch'è la Morte!
Vieni, amarissima mia scorta, vieni,
mia disgustosa guida. E tu, Romeo,
disperato nocchiero, ora il tuo barco
affranto e tormentato dai marosi
scaglia contro quegli appuntiti ronchi
a sconquassarsi... Ecco, a te, amor mio!

(Beve la pozione)

O fidato speziale!... Le tue droghe
sono davvero rapide d'effetto...
Così, in un bacio, io muoio...

(Bacia Giulietta, si accascia e muore)

Entra, dall'altra parte del cimitero, FRATE LORENZO, con una lanterna, una leva e una vanga

FRATE LORENZO - San Francesco m'assista! Quante volte
stanotte questi vecchi piedi miei
si sono incespicati nelle tombe!
Chi è là?

BALDASSARRE - Un amico che ben ti conosce.

FRATE LORENZO - (Riconoscendo Baldassarre)
Che Dio ti benedica! Dimmi un po',
che cos'è quella fiaccola laggiù
che presta invano la sua luce ai vermi
e ai teschi vuoti d'occhi? A veder bene
arde nella cappella Capuleti.

BALDASSARRE - Sì, padre santo, e là è il mio padrone,
uno cui voi volete molto bene.

FRATE LORENZO - Chi è?

BALDASSARRE - Romeo.

FRATE LORENZO - Da quanto tempo è là?

BALDASSARRE - Sarà più di mezz'ora.

FRATE LORENZO - Andiamo insieme verso quella cripta.

BALDASSARRE - No, padre, io non oso.
Il mio padrone non sa che sto qua,
ci sto contro suo ordine;
m'ha minacciato perfino di morte
se avesse visto che fossi rimasto
a spiar quello che intendeva fare.

FRATE LORENZO - Allora resta qui. Ci andrò da solo.
Mi sta arrivando una grande paura.
Oh, temo qualche cosa d'assai brutto!

BALDASSARRE - Mentre dormivo sotto questo tasso,
ho visto come in sogno il mio padrone
battersi con un altro, e l'uccideva.

FRATE LORENZO - (Avvicinandosi al sepolcreto)
Romeo!... Ahimè, ahimè, che sangue è questo,
sulla soglia di pietra del sepolcro?
Che sono queste spade insanguinate,
abbandonate, lì, sul pavimento,
in questo luogo di pace?...

(Entra nel sepolcreto)
Oh, Romeo!
Oh, com'è tutto pallido!... E quest'altro?
Come! Anche Paride?... Intriso di sangue?
Ah, quale sciagurato contrattempo
è reo di questa sorte sciagurata!...
La ragazza si muove...

GIULIETTA si sveglia e sorge in piedi

GIULIETTA - Oh, Fra' Lorenzo!
Che conforto vedervi!... E il mio signore?
Dov'è?... Ricordo bene adesso il luogo
dove dovevo trovarmi per lui...
e mi trovo... Ma il mio Romeo dov'è?

(Rumori da dentro)

FRATE LORENZO - Sento qualche rumore... Vieni fuori,
figliola mia, da quel nido di morte,
di contagio e di sonno innaturale.
Un potere, cui non possiamo opporci
perché a noi superiore,
ha contrastato il nostro piano. Vieni.
Tuo marito è lì, morto sul tuo petto;
e Paride con lui. Andiamo, vieni.
Penserò io a procurarti asilo
fra una comunità di pie sorelle.
Non indugiarti a far domande adesso,
sta venendo il guardiano. Vieni, andiamo,
Giulietta, non mi far trovare qui.

GIULIETTA - Va', va'... Va' pure, tu: io resto qui.

(Esce Frate Lorenzo)

E questa che cos'è?... Tra le sue dita
stringe una fiala il mio fedele amore?

(Prende la fiala dalla mano di Romeo)

Veleno!... È stato questo la sua fine.
Cattivo! L'hai bevuto fino in fondo,
senza lasciarmene una goccia amica
che m'avrebbe aiutato!...
Bacerò le tue labbra: c'è rimasto
forse un po' di veleno, a darmi morte
come per un balsamico ristoro.

(Lo bacia)

Come son calde ancora le tue labbra!

(La voce di un guardiano, da dentro)

GUARDIANO - Facci strada, ragazzo. Da che parte?

GIULIETTA - Ah, dei rumori... Allora non c'è tempo!

(Vede il pugnale di Romeo, lo sfodera)

Pugnale benedetto!... Ecco il tuo fodero...
(Si colpisce al petto)
qui dentro arrugginisci, e dammi morte!

(Cade sul corpo di Romeo e muore)

Entra il PAGGIO di Paride con alcune GUARDIE

PAGGIO - Quello è il luogo; dove arde quella torcia.

1a GUARDIA - Diamine, qui per terra c'è del sangue.
Andate attorno per il cimitero,
e chiunque trovate, ammanettatelo.

(Escono alcune guardie)

Oh, pietoso spettacolo!
Qui giace ucciso il conte... e qui Giulietta,
tutta intrisa di sangue, ancora calda...
appena morta... ed erano due giorni
ch'era stata sepolta in questa cripta.
Bisogna subito avvertire il Principe!
Qualcuno corra a casa Capuleti!
Qualche altro dai Montecchi!
Altri si diano a cercare qua intorno.

(Escono altre guardie)

Noi vediamo il terreno sopra il quale
son caduti questi pietosi frutti,
ma il terreno sul quale maturarono
queste commiserevoli sventure
non ci sarà mai dato di scoprirlo,
senza conoscerne le circostanze.

Rientrano alcune GUARDIE con BALDASSARRE

2a GUARDIA - Ecco, questo è il valletto di Romeo.
L'abbiam trovato qui, nel cimitero.

1a GUARDIA - Trattenetelo fin che giunga il Principe.

Entra un'altra GUARDIA con FRATE LORENZO

3a GUARDIA - Qui abbiamo un frate: non fa che tremare,
piangere disperato e sospirare.
Gli abbiamo sequestrato questi arnesi,
una leva di ferro ed una zappa,
mentre usciva di qua dal cimitero.

1a GUARDIA - È grave indizio: fermate anche il frate.

Entra il PRINCIPE col seguito

PRINCIPE - Qual malanno s'è alzato così presto
da strapparci al riposo mattutino?

Entrano il VECCHIO CAPULETO,
MONNA CAPULETI e altri

CAPULETO - Che diavolo sarà mai capitato
da farli urlare così per la strada?

MONNA CAPULETI - Son tutti riversati per le strade,
e gridano: "Romeo", "Giulietta", "Paride",
e tutti corrono, con gran clamore,
verso il nostro sepolcro di famiglia.

PRINCIPE - (A una Guardia)
Che sono queste grida di terrore
che fanno trasalire i nostri orecchi?

1a GUARDIA - Mio sovrano, lì giace il conte Paride
assassinato; e Romeo, morto anch'esso;
e Giulietta, che pure era già morta,
appena uccisa adesso, ancora calda...

PRINCIPE - Cercate, investigate, interrogate,
e sappiate spiegarci da che viene
questa terribile carneficina.

1a GUARDIA - Qui c'è un frate con l'uomo di Romeo,
ed avevano in mano gli strumenti
adatti a scoperchiare queste tombe.

CAPULETO - Oh, cielo! Moglie, vedi come sanguina
la nostra creatura! Questa daga
(Estrae il pugnale dal petto di Giulietta)
ha sbagliato bersaglio... perché, guarda:
il suo fodero è vuoto, eccolo là,
sul dorso del Montecchi... È per errore
ch'è andata a porsi in seno a nostra figlia.

MONNA CAPULETI - Ahimè, questo spettacolo di morte
è una campana, che rintocca funebre
alla vecchiaia mia la via al sepolcro.

Entra il MONTECCHI con altri

PRINCIPE - Vieni, Montecchi: alzato innanzi tempo
per contemplare il tuo figlio ed erede
coricato per sempre, innanzi tempo.

MONTECCHI - Ahimè, mia moglie è morta questa notte,
mio signore e sovrano.
La pena per l'esilio di suo figlio
le ha fermato il respiro.
Quale altra disgrazia ancor congiura
contro la mia vecchiaia?

PRINCIPE - (Indicandogli il corpo di Romeo)
Eccola, guarda!

MONTECCHI - (Al corpo di Romeo)
Oh, screanzato figlio!
Che maniere son queste?
Precedere tuo padre nella tomba!

PRINCIPE - Sigilla ancora per un po' la bocca
al dolore, finché sia fatta luce
su queste circostanze poco chiare,
e ne siano accertate la cagione
l'occasione ed il loro accadimento.
Dopo sarò io stesso per il primo
a prender parte a questo tuo cordoglio
e ad esserti compagno nel compianto
fino alla morte. Ma per ora frenati,
e fa che la sventura per un poco
sia schiava della tua sopportazione.

(Alle guardie)
Fate venire avanti gli indiziati.

FRATE LORENZO - Il maggiore di tutti sono io:
il più sospetto, quanto il men capace
di perpetrare un tale orrendo crimine.
Ma l'ora e il luogo son contro di me.
Eccomi dunque pronto ad accusarmi
e a discolparmi di quello che in me
sia degno di condanna e di discolpa.

PRINCIPE - Ebbene avanti, di' quello che sai.

FRATE LORENZO - Brevemente, perché il mio fiato è corto
per tediarvi con un racconto lungo.
Dunque, Romeo, che qui vedete morto,
era lo sposo di quella Giulietta,
e lei, là morta, di Romeo la sposa.
Li congiunsi io stesso in matrimonio.
Ma il giorno delle lor segrete nozze
fu l'ultimo del giovane Tebaldo;
e l'immatura fine di costui
provocò il bando del novello sposo
da Verona; e per lui, non per Tebaldo
Giulietta è stata tutto il tempo a piangere.

(Al Capuleti)
Voi, per rimuover da lei l'assedio
di quel dolore, l'avete promessa,
e l'avreste voluta maritare
contro sua volontà al Conte Paride.
Ella venne da me tutta sconvolta
a scongiurarmi di trovarle un mezzo
che potesse sottrarla in qualche modo
a questo suo secondo matrimonio;
altrimenti, mi disse, ell'era pronta
ad uccidersi là, nella mia cella.
Le diedi allora - confortato in questo
dalla mia esperienza -, una pozione
che potesse servirle da narcotico,
ed ebbe infatti l'effetto voluto,
perché diede al suo stato soporifero
la somiglianza di morte reale.
Intanto scrissi subito a Romeo,
sollecitandolo a venire qui
in quella stessa sciagurata notte,
per aiutarmi a trarla dalla tomba,
in cui s'era precariamente posta,
al cessar dell'azione del narcotico.
È occorso, invece, per nostra disgrazia,
che la persona da me incaricata
di recare il messaggio, Fra' Giovanni,
fosse fermato qui da un incidente,

e ritornasse solo ieri notte
da me, a riconsegnarmi quella lettera.
Sicché son qui venuto tutto solo
al previsto momento del risveglio
per trarla fuori dal suo sepolcreto
con l'intenzione di occultarla meco
nella mia cella, fin che avessi avessi avuto
il destro d'avviarla come meglio
al suo Romeo. Ma giunto in questo luogo,
qualche minuto prima del risveglio,
ho trovato giacenti a terra, morti,
il nobil Paride e il fido Romeo.
Intanto la ragazza si destava,
ed io la supplicai di venir via
e sopportar con pia rassegnazione
la volontà del cielo; in quell'istante,
un rumore mi fece allontanare,
per subita paura, dalla tomba,
ed ella, in preda alla disperazione,
si rifiutò di venir via con me,
e, come pare, si tolse la vita.
Questo è tutto ch'io so. La sua nutrice
sa del suo matrimonio clandestino.
Ora, se per mia colpa in tutto questo,
è potuto accader qualche sciagura,
si sacrifichi la mia vecchia vita
al più severo rigor della legge:
sarà solo un anticipo di ore
alla sua naturale conclusione.

PRINCIPE - Ti abbiamo sempre conosciuto tutti,
frate, per un sant'uomo, quale sei.
Ma dov'è quel valletto di Romeo?
Che cosa ci può dire lui di ciò?

BALDASSARRE - Questo: ho recato io al mio padrone
l'annuncio della morte di Giulietta;
ed egli partì subito da Mantova,
cavalcando, diretto a questo luogo;
sì, dico, a questo stesso sepolcreto.
Qui mi ordinò di portare a suo padre,
l'indomani mattina, questa lettera;
poi, prima di calarsi in questa cripta,
mi minacciò di morte, addirittura,
se non mi fossi allontanato subito
e non l'avessi lasciato lì solo.

PRINCIPE - Dammi la lettera. La voglio leggere.
Ed il paggio di Paride dov'è?

Il PAGGIO si fa avanti

Ragazzo, che faceva in questi luoghi
il tuo signor padrone?

PAGGIO - Era venuto a cospargere fiori
sulla tomba della sua donna amata,
e m'ordinò di starmene a distanza;
ciò ch'io feci. Ma dopo poco tempo,
venne un uomo con una torcia n mano
ad aprire la tomba. Il mio padrone
subito gli si avventa con la spada,
ed io son corso a chiamare le guardie.

PRINCIPE - (Che intanto la letto la lettera di Romeo al padre)
Questa lettera rende ampia ragione
a quanto ha detto il frate
sulla storia del loro matrimonio,
ed accenna altresì alla notizia
della morte di lei; e qui egli scrive
anche come abbia fatto a procurarsi
un veleno da un povero speziale
e come sia venuto a questa tomba
con la ferma intenzione di morire
e di giacersi al fianco di Giulietta...
Ebbene, dove son questi nemici?
Capuleti! Montecchi! Ecco, vedete
da qual flagello è colpito il vostro odio.
Il cielo s'è servito dell'amore
per uccidere a ognuno di voi due
le rispettive gioie.
Ed io, per aver troppo chiuso gli occhi
sulle vostre contese, son privato
di violenza di due cari parenti.
Siamo puniti tutti!

CAPULETO - (Al Montecchi)
O fratello Montecchi, qua la mano.
E sia questa la dote di mia figlia,
ché davvero di più non posso chiedere.

MONTECCHI - Ma di più poss'io darti: un monumento
che a lei farò innalzare, d'oro fino,
così che alcuna immagine nel mondo,
finché duri la fama di Verona
sia tenuta da tutti in maggior pregio
di quella della pura ed innocente
e fedele Giulietta.

CAPULETO - Ed in non meno ricco simulacro
starà Romeo accanto alla sua sposa:
povere vittime sacrificali
entrambi dell'inimicizia nostra.

PRINCIPE - Una ben triste pace
è quella che ci reca questo giorno.
Quest'oggi il sole, in segno di dolore,
non mostrerà il suo volto, sulla terra.
Ed ora andiamo via da questo luogo,
per ragionare ancora tra di noi
di tutti questi tristi accadimenti.
Per essi, alcuni avranno il mio perdono,
altri la loro giusta punizione;
ché mai vicenda fu più dolorosa
di questa di Giulietta e di Romeo.

FINE

Quarto atto

 

 
 

 

 

Google
Motore di ricerca


cerca in Internet
cerca nel sito


Dance Newsletter
settimanale
Inserisci la tua e-mail
Iscrivimi
Cancellami


La chat di InformaDanza

chi siamo | pubblicità | contattaci | segnala un sito | servizi