Lo Schiaccianoci

Balletto in due atti
Versione del Balletto Classico di Mosca
per gentile concessione dell’ A.C Intermusica
Libretto M. Petipa e E.T.A. Hoffmann
Coreografia M. Petipa, V. Vainonen, N.D. Kasatkina e V.Iu.Vasiliov
Musica Piotr Ilic Chaikovski
Scenografie L. Solodovnikov
Costumi E. Dvorkina

Il terzo e ultimo balletto di Ciaikovski, “Lo Schiaccianoci”, viene creato dal grande compositore un anno prima della sua morte. Presentato per la prima volta nel 1892 al Teatro Marinski di San Pietroburgo, su libretto e scenario di Petipa e con la coreografia di Lev Ivanov, è uno dei balletti più rimaneggiati nel corso degli anni, tanto da rendere impossibile qualsiasi riferimento all’originale. Se anche altri titoli del repertorio classico sono stati sottoposti a successivi riallestimenti, in essi, grosso modo, si conserva sempre una traccia della primigenia coreografia. Le frequentissime riedizioni de “Lo Schiaccianoci”, invece, ne hanno mutato radicalmente libretto e coreografia, fino a far perdere le tracce dell’originale, facendo diventare il riferimento a Petipa una pura convenzione, universalmente accettata.

Ciò è dovuto principalmente alla sostanziale incongruenza tra la musica di Ciaikovski, forse la più tragica tra le pagine scritte dal grande compositore, e i libretti, sempre tesi a fornire una favola a lieto fine. Le numerose varianti coreografiche succedutesi si spiegano appunto col tentativo di eliminare questa contraddizione tra il tragismo della trama musicale e la leggera gaiezza della trama coreografica. In quest’alveo, per esempio, si iscrivono le versioni storiche della scuola russa: quella di Gorski nel 1919 al Bolshoy, quella di Lopukhov nel 1923 al Marinski, quella di Vainonen nel 1939 al Bolshoy e, infine, quella del 1966, sempre al Bolshoy, firmata da Grigorovich.

La versione coreografata da Kasatkina e Vasiliov riprende quella di Vainonen, pur distaccandosene, dal punto di vista della drammaturgia, per un impianto più attuale. Mentre il passo a due del secondo atto rimane pressoché identico in tutti gli allestimenti, qui sono state riprese dalla versione di Vainonen le danze di carattere, il Valzer dei Fiori e i Fiocchi di Neve, resi in modo esemplare sia per bellezza dei disegni che per complessità tecnica delle danze.

Inoltre, Kasatkina si riaccosta alla lettera della fiaba di Hoffman, ristabilendo la presenza, in luogo dell’abituale Re dei Topi, della figura femminile di Myshilda, Regina dei Topi, con le sue interessanti variazioni, e del Principe dei Topi dalle sette teste. Non solo: tra le danze di carattere, quella conosciuta come “danza francese” o “danza del pastorello” viene ristabilita nel suo significato originario di “danza dello spazzacamino” (secondo Hoffman), un passo a tre di delicata bellezza, in cui la scala dello spazzacamino diventa elemento di coreografia. Da segnalare, inoltre, che la variazione della Fata Confetto, come in tutte le redazioni di scuola russa da Vainonen in poi, è qui inserita nel passo a due del secondo atto come una delle variazioni di Masha. Centrale resta l’inquietante figura di Drosselmeyer, vero e proprio misterioso regista della vicenda e signore dei sogni, il cui ruolo è stato qui rinforzato da nuovi ed originali interventi coreografici che, tecnicamente, dal mimo lo trasportano a pieno diritto nella danza.


A cura di Alberto Soave


Fonti:

  • Scheda gentilmente fornita dall’Associazione Culturale Intermusica

 

 

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