Il Mandarino Meraviglioso

Dramma coreografico in un atto
Libretto Menyhért Lengyel
Coreografia Aurelio M. Millos
Musica Béla Bartòk
Prima rappresentazione in forma di balletto Milano, Teatro alla Scala, 12 ottobre 1942
Interpreti A.M. Milloss (il mandarino), Attilia Radice (la ragazza), Filippo Morucci (il vecchio cavaliere), Guido Lauri (il giovane studente), Giovanni Brinati, Teofilo Giglio, Adriano Vitale (i tre malviventi)
Scenografia e costumi Enrico Prampolini
Direttore d’orchestra Janos Ferencsik
Tit. orig. ungherese A csodà làtos mandarin
Tit. inglese The Miraculous Mandarin
Tit. francese Le Mandarin merveilleux

Si è preferito citare i dati della prima rappresentazione come dramma coreografico, secondo la dicitura millossiana, in quanto la primitiva veste dell’opera è in forma di balletto. Qui di seguito citiamo comunque i dati della prima rappresentazione avvenuta a Colonia, Opera Municipale, il 27 novembre 1926, regia, scenografia, costumi di Hans Strohbach, direttore d’orchestra Eugen Szenkar, interpreti: Ernst Zeiller (il Mandarino), Wilma Aug (la ragazza), Hans Robert (il vecchio cavaliere), Helmut Zehnpfenning (il giovane), Josef Horn, Hans Salomon, Josef Weiser (i tre malviventi).

È notte in un angolo poco frequentato di una metropoli. Tre loschi individui costringono una ragazza ad adescare dei passanti per depredarli. Prima vittima è un vecchio signore ridicolo, nelle sue profferte d’amore, e squattrinato che i malviventi allontanano in malo modo. La seconda vittima è un giovane timido che la ragazza accoglie amorevolmente, commossa dai di lui sentimenti, ma i tre figuri lo eliminano subito. Passa un Mandarino, uomo dall’aspetto misterioso e terrificante, votato al culto del denaro cui ha sacrificato l’esistenza: la ragazza è spaventata, ma vinta la prima avversione, danza per lui con grande trasporto erotico, suscitando nell’uomo desiderio sessuale. Quando il Mandarino si avvicina alla ragazza, i malviventi escono dai loro nascondigli per buttarsi su di lui e derubarlo degli ori che porta nella sua valigetta. Il Mandarino oppone una forte resistenza al punto che i tre decidono di soffocarlo con una coperta. Ma egli è condannato a non poter morire: persino i colpi di pugnale non riescono a porre fine alla sua vita. Non sapendo più a quale mezzo ricorrere per sopprimerlo, i malfattori decidono di impiccarlo, inutilmente: il Mandarino continua a muoversi, a divincolarsi dalla stretta terribile. I tre figuri, terrorizzati, dalla forza sovrannaturale di quell’uomo, fuggono. La ragazza, che ha compreso, dopo averlo liberato si consegna nelle mani del misterioso personaggio immortale che finalmente può possederla. È solo allora, nel momento stesso in cui conosce la realtà della vita, Il Mandarino comincia a perdere sangue dalle ferite: ritrovata la vita, egli raggiunge la liberazione nella morte.

Sul giornale di danza “Il Dramma” (n.7-8, luglio-agosto 1979) si recensisce:

….All’origine del balletto Il Mandarino meraviglioso stanno alcuni malintesi che con molta difficoltà si sono dissipati attraverso il tempo. La storia è lunga, dolorosa come gli anni in cui nacque. Bartòk compose questa partitura nei pressi di Budapest tra l’ottobre 1917 e il maggio 1918 ispirandosi ad un canovaccio inteso come pantomima dello scrittore e commediografo Menyhèrt Lengyel. A Bartòk non interessò tanto la trama scenica quanto i risvolti del dramma nei quali erano insiti problemi vitali di varia natura e i possibili riferimenti a quel particolare momento di grave crisi politica tra l’avvicinarsi della caduta dell’Impero Austro-Ungarico e l’incombere della rivoluzione successiva. Tutti questi fattori incisero sulla sua creatività in generale e sulla musica del Mandarino in particolare, che finì per raggiungere il diapason dell’urlo allucinante dei tempi.

Alla prima rappresentazione assoluta di questa pantomima all’Opera Municipale di Colonia il 28 novembre 1926 il pubblico rimase scosso e la critica gridò allo scandalo. Definita “scandalosamente oscena”, la pantomima fu subito proibita dal sindaco di Colonia Konrad Adenauer. La musica riusciva però ad imporsi nelle sale concertistiche in veste di suite sinfonica. Una riabilitazione completa di questo lavoro avvenne la sera del 12 ottobre 1942 quando Aurelio M. Milloss lo presentò al Teatro alla Scala di Milano, nel corso di una stagione di opere contemporanee.

La realizzazione non era più pantomimica ma sotto forma di dramma coreografico; Milloss interpretò la parte del protagonista mentre al suo fianco era Attilia Radice in quella della ragazza (scenografia e costumi di Enrico Prampolini, direttore d’orchestra Janos Ferencsik).

Ci si aspettavano reazioni di ordine moralistico ma non se ne notò il minimo segno. Il realismo della trama era stato trasfigurato dalla coreografia di Milloss, tutta tesa verso una rappresentazione metaforica del soggetto. Oggi la critica guarda a ciò che sta alla base di questo “classico” del balletto moderno. Secondo Milloss non esiste pacificazione nella morte senza aver vissuto la vita così come la natura umana l’impone. Per altri critici nel Mandarino sono presenti i drammi spirituali di Bartòk e del popolo ungherese sempre in lotta per la libertà. A tutti è rivolto il messaggio del Mandarino: “Quando si è in possesso di una forza spirituale, un uomo, un popolo non possono perire prima di essersi realizzati.

Dopo la prima di Colonia, ecco l’elenco di alcune delle principali versioni di questo lavoro che occupa, nella storia del balletto contemporaneo un posto di rilievo:

  • 1931: Budapest, Opera (ancora come pantomima, ma proibita per ragioni morali subito dopo la prova generale, quindi non eseguita), regia di Lászlo Márkus
  • 1942: Milano, Teatro alla Scala, coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Enrico Prampolini, interpreti: Aurelio M. Milloss, Attilia Radice, direttore d’orchestra János Ferencsik (prima versione mondiale in forma di balletto).
  • 1945: Roma, Teatro Adriano, coreografia di A.M.Milloss, scenografia e costumi di Toti Scialoja, interpreti: A.M. Milloss, Lia Dell’Ara.
  • 1945: Budapest, Opera, coreografia di Gyula Harangozó, scenografia e costumi di Gustáv Oláh, interpreti: Erno Vashegyi, Melinda Ottrubay.
  • 1951: New York, New York City Center (New York City Ballet), coreografia di Todd Bolender, scenografia Alvin Colt, interpreti: Hugh Laing, Melissa Hayden.
  • 1954: Rio de Janeiro, Teatro Municipale, coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Lazar Segall, interpreti: Cristian Uboldi, Lia dell’Ara.
  • 1955: Francoforte sul Meno, coreografia di Herbert Freund.
  • 1955: Venezia, Teatro la Fenice, coreografia di Jean-Jacques Etchevery, scenografia e costumi di Jean-Pierre Ponnelle .
  • 1955: Bruxelles, Théâtre de la Monnaie.
  • 1956: Edimburgo, Empire Theatre (Sadler’s Wells Ballet), coreografia di Alfred Rodrigues, scenografia e costumi di Georges Wakhevitch, interpreti:Michael Somes, Elaine Fifield.
  • 1956: Budapest, Opera, coreografia di Gyula Harangozó, (sua seconda versione), scenografia di Zoltan Fülöp, costumi di Tivadar Márk, interpreti: Ernö Vashegyi, Gabriella Lakatos.
  • 1956: Vienna, Opera di Stato, coreografia di Erika Hanka.
  • 1956: Belgrado, Teatro Nazionale, coreografia di Dimitrie Parlich, scenografia e costumi di Dusan Ristich.
  • 1957: Monaco di Baviera, Opera di Stato, coreografia di Alan Carter.
  • 1957: Zurigo, coreografia di Hans Macke.
  • 1957: Palermo, Teatro Massimo, coreografia di Aurelio M. Milloss, riprodotta da Lia dell’Ara, scenografia e costumi di Lazar Segall, interpreti Boris Trailine, Lia dell’Ara. Ripresa della stessa edizione a Brescia (Teatro Grande) e a Mantova (Teatro Sociale), interpreti Milorad Miskovitch e Lia dell’Ara.
  • 1957: Firenze, Teatro Comunale, coreografia Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Lazar Segall, interpreti: Cristian Uboldi, Lia dell’Ara.
  • 1958: Parigi, Théâtre des Champs-Elysées (Ballet de France Janine Charrat), coreografia di Ernö Vashegyi, scenografia e costumi di M. Röthlisberger, interpreti: Ernö Vashegyi, Vera Pásztor.
  • 1959: Amsterdam (Nederlands Ballet), coreografia di Ernö Vashegyi, interpreti: Ernö Vashegyi, Vera Pásztor.
  • 1960: Catania, Teatro Bellini, coreografia di Dimitri Parlich, scenografia di Dusan Ristich, interpreti: Miljeno Vikich, Sonia Kastl, edizione del Balletto dell’Opera di Stato di Zagabria.
  • 1961: Colonia, Opera, coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Chargesheimer, interpreti: Lothar Höfgen, Tilly Söffing.
  • 1961/62: Bruxelles, Théâtre Royal de la Monnaie, coreografia di Dimitri Parlich.
  • 1961: Mosca, Teatro Bolshoi (col titolo Città di notte ), coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Leonid Lavrovsky, interpreti: Nina Timofeyeva, Maris Liepa.
  • 1964: Firenze, Teatro Comunale, coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Emanuele Luzzatti, interpreti Lothar Höfgen, Tilly Söffing.
  • 1964: Praga, Ballet Praha, coreografia di Lubos Ogoun.
  • 1967: Copenaghen, Balletto Reale Danese, coreografia di Flemming Flindt, scenografia di Haanung, interpreti: Flemming Flindt, Vivi Gelker.
  • 1967: New York, Metropolitan Opera House, coreografia di Joseph Lazzini.

 


A cura di Alberto Soave


Fonti:

  • Alberto Testa, I Grandi Balletti, Repertorio di Quattro Secoli del Teatro di Danza, Gremese Editore, Roma 1991

 

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