Peer Gynt alla Scala, un viaggio meraviglioso nella coreografia di Clug

“Peer Gynt è un personaggio che sogna e desidera in grande, ma fa sogni per lui esorbitanti, non allineati alle sue capacità. Così prende decisioni sbagliate e si getta con veemenza in situazioni pericolose, questo perché è sempre in fuga da sé stesso” così il coreografo Edward Clug descrive il protagonista del poema drammatico di Henrik Ibsen, da cui nel 2015 ha tratto un balletto narrativo che è stato riallestito in ben nove teatri e che ha debuttato in forma di nuova produzione al Teatro alla Scala l’8 aprile rimanendo in scena fino al 18 dello stesso mese.

Un balletto che proprio questo mese celebra il suo decimo compleanno, ma che in questo lungo tempo non ha perso la sua freschezza e bellezza, anzi. Un balletto che si snoda in cinque atti, con oltre trenta personaggi, che tocca diversi luoghi del mondo e che si avvale della straordinaria partitura di Edvard Grieg che, come sappiamo, collaborò direttamente con il drammaturgo norvegese. Clug creandolo non si è spaventato della mole di contenuti all’interno del lavoro di Ibsen, che anzi gli è servita da grande stimolo; la sua unica preoccupazione è stata quella di trasferire la profondità emotiva e simbolica del testo nel movimento e ci è riuscito benissimo.
Quando Ibsen scrisse Peer Gynt aveva già una grande esperienza di vita, la domanda ”Chi sono io?” è un continuo richiamo nel suo poema e alla fine non potrà che scoprire che l’urgenza della vita non è altro che trovare qualcuno o qualcosa da amare. Peer lo scoprirà tardi, ma comunque, e per fortuna, lo scoprirà. Del resto Ibsen, il drammaturgo più rappresentato dopo Shakespeare, ha sempre toccato temi che restano tutt’oggi di grande attualità come l’autonomia del soggetto e il ruolo della donna e, di conseguenza, il più generale diritto dell’essere umano di aspirare alla felicità individuale. Peer cerca la felicità, ma, come dice Clug, la cerca nelle persone sbagliate e nei posti sbagliati, ma il suo è un percorso di vita comune a tanti per questo ci appare così intrigante ed appassionante. Tutti ci sentiamo un po’ Peer Gynt, soprattutto vedendo lo splendido balletto presentato in Scala in questi giorni in cui non solo si è apprezzato il disegno coreografico, ma anche l’ottima compagnia attualmente guidata da Frederic Olivieri.

Una compagnia per la quale Clug ha attuato piccoli ritocchi costruendo con sapienza i vari ruoli su ogni personalità dei ballerini a sua disposizione. Fresco, determinato, indubbiamente affascinante Navrin Turnbull nel ruolo di Peer Gynt, in cui non si risparmia sotto ogni punto di vista, accompagnato da Alice Mariani nei panni della paziente Solveig, la cui tenerezza parla attraverso il clarinetto che si affaccia ad interrompere i temi della danza. Intensa, passionale e disperata Antonella Albano nel ruolo di Åse, la madre di Peer. La Albano è sempre stata eccezionale in ruoli di questo tipo che fanno uscire tutta le sue capacità attoriali oltre a quelle di ottima danzatrice. Imponente e seducente Emanuele Cazzato nel cervo che appare ad apertura del sipario in tutta la sua bellezza e maestosità. Bellissima la coreografia costruita su questo personaggio che vedremo spesso accanto a Peer che sogna di cacciarlo e domarlo mentre ne è palesemente attratto e affascinato. Bravissima Agnese Di Clemente nella splendida danza di Anitra, una mazurka resa esotica da un accorto uso delle alterazioni e dell’ondeggiamento fra maggiore e minore, coi violini attutiti dalla sordina. Un vero capolavoro di Grieg. Per non parlare del tema dei trolls col suo crescendo persecutorio. Un brano passato alla storia anche per il suo utilizzo da parte di Fritz Lang nel film M il mostro di Dusseldorf. Qui il corpo di ballo dà sfogo alla propria “animalità” in una coreografia che segue la musica in tutta la sua forza e magia, aiutato anche dagli splendidi costumi del croato Leo Kulas.

A chiudere si risente il lamento di Ingrid (la giovane sposa sedotta da Peer), come un ricordo dei tanti errori commessi da Peer, il più grande di tutti quello di aver abbandonato la povera Solveig, oramai vecchia e cieca che nella coreografia di Clug porta sulle spalle una porta di legno. Ci sarà ancora un passo a due tra lei e Peer sulle note dell’adagio del Concerto per pianoforte in la maggiore op. 16 per poi sparire insieme dietro quella porta, forse una bara o forse l’ingresso di una vita migliore in un posto migliore.
Tanti meritatissimi applausi l’ultima replica del 18 aprire oltre che per i ballerini anche per l’orchestra diretta dal maestro Victorien Vanoosten, nonché per Leonardo Pierdomenico, pianista la cui bravura e leggerezza si era già apprezzata nel Trittico Balanchine/Robbins.
Francesca Camponero
[In alto: Navrin Turnbull e Alice Mariani (foto di Brescia e Amisano, ©Teatro alla Scala)]