Il Balletto della Scala emoziona con Woolf Work

Max Richter

L’emozione arriva dal primo istante quando ad aprire lo spettacolo è la voce di Virginia Woolf mentre legge il suo saggio On Craftsmanship ai microfoni della BBC nel 1937. Un idea di effetto avuta dal compositore Max Richter prima di far partire le note da lui composte per il balletto Woolf Works di Wayne McGregor ispirato da tre noti romanzi di Virginia Woolf: Mrs Dalloway, Orlando e The Waves.

Come dice il titolo stesso Woolf Works è un’evocazione della grande scrittrice inglese, creata con lei e per lei nel 2015 da un genio della danza di oggi che lo ha portato a vincere il Critics’ Circle Award come migliore coreografia classica e il suo secondo Olivier Award come “Best New Dance Production”, così come alla protagonista  del suo balletto, Alessandra Ferri, è valso nel 2016 il suo secondo Olivier Award per “Outstanding Achievement in Dance”.

Ed è proprio la Ferri, tornata per quest’occasione alla Scala, su cui si alza il tulle nella prima scena che la vede in mezzo al palco con la sua immagine così fragile, minuta e nello stesso tempo così potente da irradiare luce immensa come solo gli artisti di estrema grandezza sanno fare.  La sua Clarissa melanconica e matura si alterna con grazia al suo alter ego giovane (la splendida Caterina Bianchi) in un parlare contemporaneamente, tramite la danza, senza creare alcuna confusione. Accanto a lei Federico Bonelli, Principal dancer del Royal Ballet, con cui si vede un grande affiatamento affinato da anni.

La coreografia gioca su duetti e terzetti agili e raffinati che mettono alla prova tutti idanzatori del brano intitolato I now, I then ispirato al romanzo Mrs Dalloway.

Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko in Becoming

Di stampo totalmente diverso Becomings che presenta la vertiginosa visione a tutto tondo di Orlando. Un universo in continuo mutamento ove la vita è energia e trascorre attraverso molteplici forme. Qui la musica di Richter si serve di mezzi espressivi inequivocabilmente contemporanei  avvalendosi  degli strumentisti dell’orchestra, ma prevedendo anche variazioni completamente elettroniche, che incorporano sintesi analogico–modulare, sequenziamento, elaborazione numerica dei segnali e sintesi generata dal computer. Ma non finisce qui. Tutto ciò è anche collegato agli effetti luce (di Lucy Carter) per cui ad un certo punto le file di palchi vengono tagliate da un fascio laser che ne segna la semicirconferenza, mentre la danza irrompe in una coreografia travolgente, un crescendo  che conduce in un’estetica quasi aliena. Qui non c’è Alessandra Ferri, ma un corpo di ballo estremamente preparato che dà una grande prova di sè, indotto a lavorare  usando un vocabolario  che non rientra nei canoni noti, rompendo quindi quegli equilibri a cui si è abituati. Una prova superata benissimo a cominciare dai primi ruoli sostenuti da Nicoletta Manni, Virna Toppi, Timofej Andrijashenko, Gabriele Corrado, Christian Fagetti.

Alessandra Ferri e Federico Bonelli

Lo spettacolo si chiude con Tuesday, tratto da The Waves, l’opera più sperimentale di Virginia Woolf, concepita come risposta alla propria mancanza di prole in contrasto con la trionfante maternità della sorella. Sappiamo anche che in The Waves si evoca già il suicidio della scrittrice per annegamento e McGregor con grande maestria ne tira fuori tutti i contenuti attraverso il suo distintivo stile visivo capace di rilevare ogni potenzialità del movimento del corpo in ogni minuscola parte delle articolazioni umane. Ed ecco che i ballerini sono le onde del mare in cui Virginia sceglie di abbandonarsi per sempre.

Qui la Ferri dà il meglio di sè, perchè a cinquant’anni si danza anche e soprattutto facendo uso del fascino di quest’età. Ogni angolatura dello sguardo, ogni atteggiamento, ogni minima postura rivela la consapevolezza del  cambiamento che diventa libertà di scelta di essere per quello che si è. E così densa di una bellezza che lascia senza fiato Alessandra/Virginia rende vivo con le gambe le braccia, ma soprattutto con quella maschera che ha fatto di lei una grande interprete della danza, quel senso di desolazione e distacco che prende chi decide di lasciare la vita terrena. A cullarla sono le braccia dei danzatori per poi affidarla a quelle del suo uomo, intepretato anche qui da Federico Bonelii.

Tanti gli applausi di un pubblico visibilmente emozionato felice di assistere ad uno spettacolo di pregio e rivedere sul palco un’artista che aveva sicuramente lasciato un grosso vuoto alla Scala.

Woolf Works è in scena fino al 20 aprile.

Francesca Camponero

[Nella foto in alto, Woolf Works Carousel]

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