Prima nazionale di Le cri de la chair di Seydou Boro a Ferrara

le-cri-de-la-chair_lph2217009bisDomani, venerdì 24 novembre alle ore 21.00, nell’ambito del festival di danza contemporanea va in scena al Teatro Comunale di Ferrara in prima nazionale Le cri de la chair di Seydou Boro, ultimo appuntamento del ciclo Focus Africa _ o delle identità negate, in cui sono stati programmati i lavori di tre artisti di caratura internazionale, nati e formatisi in Africa, continente portatore di una ricchezza culturale straordinaria, nella nostra società troppo spesso conosciuto attraverso stereotipi molto lontani della realtà.

Sono proprio gli artisti della nuova generazione a indicare con acume e coraggio i complessi problemi dell’Africa d’oggi, svelando i nodi irrisolti dell’incontro e del conflitto tra più culture e civilizzazioni nelle loro opere  e il Focus del Teatro di Ferrara racconta questa loro capacità con grande chiarezza.

Dopo la Giselle di Dada Masilo e la performance creata da Robiyn Orlin per Albert Silindokuhle Khoza, domani si assisterà allo spettacolo di Seydou Boro, danzatore e coreografo nato a Ouagadougou, nel Burkina Faso, dove ha iniziato la sua formazione d’attore in teatro e nel cinema, per poi passare alla danza dal 1993 come interprete con Mathilde Monnier al Centre Chorégraphique National de Montpellier. Nel 1995 Boro ha fondato con Salia Sanou la compagnia Salia nï Seydou con l’intento di dar vita a nuove creazioni al di fuori degli stereotipi esotico-folklorici. Con Le cri de la chair, che ha debuttato in Francia nel 2016, presenta una pièce di grande forza espressiva.

le-cri-de-la-chair_lph2217015In questo lavoro il coreografo affronta il tema delle catastrofi ambientali contemporanee: di come si imprimono nelle storie personali ma anche di quanta sia forte la capacità di resistenza di una comunità contro il crollo e la caduta. Il gruppo, l’unisono, il collettivo superano l’individualismo e aprono imprevedibili vie di uscita.

Boro sviluppa il percorso dal dramma individuale al suo superamento attraverso la forza che si crea nella comunità a partire da una danza della tradizione africana, il fogo, che in idioma djoula significa lo spazio pubblico a semicerchio – qui contornato da tronchi d’albero – dove è concesso esprimersi con canto, ritmo, danza, e “inscenare” azioni su temi scottanti e gravi. A questa danza si intrecciano via via molte altre modalità espressive, dal butho al flamenco sino alla danza contemporanea.

In scena sono impegnati 5 danzatori – tra di essi lo stesso Seydou Boro – una cantante e un musicista, interpreti di una suggestiva partitura che immerge i temi etnici sullo sfondo di suoni elettronici.

Francesca Camponero

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