Pensierini di fine anno

Fine anno, tempo di bilanci. Per noi di InformaDanza l’impegno è duplice, perché dobbiamo fare il punto della situazione anche dei primi poco più di dodici mesi da quando siamo ripartiti con la nuova veste grafica, il nuovo taglio e i nuovi contenuti.

Ma cominciamo con le questioni “grandi”.

Il 2016 è stato l’ennesimo anno in cui la danza, almeno per quanto riguarda il suo aspetto performativo, è stata in crisi. Come al solito la maggior parte dei fondi pubblici è andata a sostenere altre forme di espressione artistica e la danza continua a essere relegata nel suo consueto ruolo di “Cenerentola”, senza peraltro che vi sia notizia di qualche principe azzurro in viaggio con la mitica scarpetta. Eppure, quando realtà locali decidono di investire sulla danza, e soprattutto danno continuità a questo loro sforzo, il pubblico accorre e ci sono dei ritorni, anche economici, significativi. Si veda ad esempio Positano con il Premio dedicato a Massine o Torino con le innumerevoli iniziative messe in cantiere dal Teatro Nuovo. Naturalmente, ci vogliono energie, intelligenza, passione e volontà politica.

Nonostante la danza a teatro incontri innumerevoli difficoltà, le scuole italiane continuano a sfornare grandi talenti, i quali molto spesso sono costretti a cercare scritture all’estero per potersi affermare. Ne ha scritto qualche mese fa l’amico Massimiliano Craus su FanPage (Danza: la fuga ed il successo all’estero dei nostri talenti continua inarrestabile, 31 maggio 2016). I nostri artisti vanno all’estero non certo per la qualità delle compagnie, visto che moltissime di quelle italiane sono assai apprezzate in tutto il mondo, ma soprattutto per i riconoscimenti, sia morali che materiali, che vengono attribuiti ai danzatori. Uno dei problemi di chi svolge un’attività fisica intensa come la danza, è la brevità della carriera e in Italia non abbiamo, come in altri paesi, una politica di sostegno all’inserimento nel mondo del lavoro per gli ex danzatori. Questi ultimi, in Italia, o riescono a trovare una collocazione nell’ambiente teatrale o in quello delle scuole di danza, oppure sono costretti a inventarsi qualcosa e sappiamo che non è mai stato facile e ancor più difficile lo è di questi tempi.

Sul fronte della remunerazione, poi, all’estero la danza è trattata meglio. In termini assoluti, il ballerino di una compagnia stabile italiana non viene trattato proprio malissimo (ma peggio dei suoi colleghi di altre forme artistiche), perché chi lavora in teatro guadagna 1500 euro netti al mese. Ma dobbiamo considerare che un professionista della danza ha da sottostare a una serie di limitazioni nella sua vita privata che non ha riscontro in nessuna altra professione; dall’osservanza di uno strettissimo regime alimentare all’impossibilità di praticare una serie di attività ludico/sportive che potrebbero mettere a rischio la sua integrità fisica. Se consideriamo poi che la carriera, oltre a essere breve, come abbiamo già visto, è costantemente minacciata dalla possibilità di infortuni, ecco spiegata la corsa a qualche comparsata televisiva (circa 5000 euro a uscita) e ai vari eventi occasionali retribuiti fra i 150 e i 200 euro l’uno (fonte: Io ballo da… professionista, Millionaire, 22 ottobre 20131).

Insomma, c’è da stupirsi quando si viene a sapere che qualche ballerino di talento decide di restare in Italia, non quando scappa all’estero. Naturalmente ci sono delle eccezioni: la Scala di Milano, il Teatro di San Carlo di Napoli e l’Opera di Roma continuano a programmare spettacoli di grande rilievo artistico e culturale. Ma sono la conferma della regola. I corpi di ballo in forza ai teatri dell’Opera sono sempre di meno e sempre più in crisi, questa è la realtà.

E il pubblico? Se la programmazione è interessante (e i prezzi dei biglietti non sono esagerati) il pubblico riempie le sale, nonostante le direzioni artistiche sembrino più impegnate a far quadrare i conti che a elaborare cartelloni di rilievo. Tempo fa avevamo dato rilievo a un’intervista rilasciata da Roberto Bolle a Sergio Trombetta della Stampa (“Pochi teatri e spazi per i giovani, per la danza è ora di cambiare”) nella quale il grande ballerino italiano si domandava perché in una piazza come Milano non si fa come a Parigi e non si sdoppia la stagione: l’opera alla Scala e la danza agli Arcimboldi. Già, perché? Ce lo domandiamo anche noi, ma sospettiamo quale potrebbe essere la risposta…

Sul fronte di InformaDanza, invece, abbiamo in serbo alcune sorprese. Non molte, ma secondo noi significative. Innanzitutto continueremo, almeno fino a quando gli spunti e il materiale documentale ce lo consentirà, a proporre ogni martedì la rubrica curata da Francesca Camponero sulla storia dei Balletti di Nervi. Continueremo a dare il massimo rilievo alle iniziative di danza che toccano temi sociali, che favoriscono l’inclusione; continueremo a bandire dal nostro sito ogni forma di razzismo e di incitamento all’odio religioso; non ci vedrete mai fare riferimenti né pettegolezzi sulla vita privata dei danzatori e sulle loro scelte, siano esse.

Poi vogliamo dare maggiore spazio alle altre discipline. Attualmente non lo facciamo perché nel corso delle nostre vite ci siamo occupati prevalentemente di danza classica e contemporanea (e più in generale di teatro) e quindi preferiamo rimanere su un terreno per noi più conosciuto. In secondo luogo, riceviamo pochissimo materiale relativo al tango, al valzer, alla danza rinascimentale e così via. Sono tutti filoni che vorremmo esplorare e storie che vorremmo raccontare, così come ci piacerebbe sviluppare la conoscenza degli ambiti sportivi che alla danza attingono ispirazione e tecniche: ginnastica ritmica e artistica, pattinaggio artistico e danza sui pattini, nuoto sincronizzato, ecc. Se ci fosse qualcuno che desiderasse scrivere e vedere pubblicato il suo articolo, ci contatti. Per noi sarà un grande piacere offrire spazio a nuove firme.

Infine, last but non least, come direbbero gli anglosassoni, la bomba: stiamo lavorando per trasformare InformaDanza in associazione culturale. Presto saranno pronti i documenti costitutivi e l’idea è quella di procedere con la registrazione al più presto. Costituirci in associazione culturale ci permetterà di organizzare convegni, promuovere spettacoli, interagire in maniera diversa – e speriamo migliore – con i teatri e con tutti gli operatori del settore, avere e trasmettere più informazioni, sviluppare altre forme di comunicazione, fornire dei servizi migliori.

L’anno nuovo sta per iniziare e speriamo che sia lungo a sufficienza per fare tutto quello che abbiamo in mente.

BUON 2017!!!

Alberto Soave

  1. Non crediamo che, stante la crisi ci possano essere stati significativi aumenti in questi tre anni, anzi.

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