Sylvie Guillem

Sylvie Guillem in Bye, photographed by Lesley Leslie-Spinks, 2012

Sylvie Guillem ha l’innata capacità, con la sua presenza magnetica, di scatenare l’entusiasmo dei pubblici di danza di tutto il mondo e di raccogliere critiche entusiastiche da parte della maggioranza dei critici. Riesce ad adattare perfettamente le sua capacità tecniche ed artistiche a tutti i ruoli, caratterizzandoli con virtuosismo ed esotica teatralità.

Dotata di un corpo ideale per l’interpretazione della danza come viene oggi concepita, alta, magra, con le gambe morbidamente arcuate cui unisce una presenza scenica eccezionale, accentuata dai lunghi e luminosi capelli rosso nocciola e dai penetranti occhi verdi.

Come se questo non bastasse, è dotata di una tecnica fenomenale, con una fluidità di linea in tutte le parti del suo corpo e una grazia naturale che le consente di interpretare sia i ruoli classici che quelli contemporanei, cui unisce una incredibile velocità di esecuzione che dimostra in vorticosi fouettés, rimanendo perfettamente in aplomb al termine di complicati passi ed evoluzioni.

Ma ciò che letteralmente sorprende è l’estensione, quasi innaturale, delle gambe, che se a volte lascia perplesso qualche critico, scatena l’entusiasmo del pubblico. In equilibrio su una punta, è capace di sollevare l’altra gamba, senza sforzo apparente – come se si trattasse della crescita di un fiore in un film al rallentatore – fino a raggiungere una linea perfettamente a 180°, e a volte anche oltre, rispetto alla gamba di appoggio. Alcuni critici conservatori sostengono che non vi sia spazio per simili dimostrazioni nel balletto classico, che ciò non sia estetico, bensì volgare. Comunque, è diventato una sorta di suo personale “marchio di fabbrica”, la sua personale interpretazione della danza ed è ciò che spinge il pubblico ad accorrere numerosissimo agli spettacoli da lei interpretati.

Sylvie Guillem è nata a Parigi il 25 febbraio 1965. Sua madre era un’insegnante di ginnastica e Sylvie, che dimostrava una precoce e naturale attitudine e una grande flessibilità, fin dalla più tenera infanzia ne seguì gli insegnamenti. Sotto lo sguardo attento della madre ebbe modo di sviluppare forza elastica nella parte superiore della schiena e nelle braccia e flessibilità nei movimenti in estensione. Ben presto iniziò a partecipare a competizioni e pochissimo tempo dopo fu selezionata per la squadra olimpica francese.

Il suo ingresso nel mondo della danza fu casuale. Durante un programma di incontri fra gli atleti della ginnastica artistica e l’École de Ballet dell’Opéra di Parigi (presso la quale i suoi istruttori già svolgevano la funzione di allenatori) i sogni di Sylvie presero una strada differente. Infatti il direttore della Scuola, Claude Bessy, notò la ragazzina e ne intravide il potenziale come ballerina e le offrì una borsa di studio. A 11 anni iniziò quindi a danzare e i cinque anni di permanenza alla Scuola svilupparono in lei una solida e ben strutturata tecnica oltre che l’opportunità di esibirsi nei gala di fine anno nei ruoli da lei preferiti.

A 16 anni entro a far parte del corpo di ballo dell’Opéra di Parigi e in soli due anni scalò rapidamente la gerarchia del balletto. Nel 1983, subito dopo aver vinto la medaglia d’oro al prestigioso Concorso Internazionale di Balletto di Varna, fece il suo esordio sotto i riflettori. Il pubblico francese di balletto, notoriamente assai esigente, ne fu choccato e immediatamente iniziò ad interessarsi a lei. Fu promossa a sujet e fece la sua prima apparizione come solista nel ruolo della Regina delle Driadi nel “Don Chisciotte” per la coreografia di Rudolf Nureyev.

Sylvie Guillem by Pierre Perrin, 1986

Il 1983 fu anche l’anno in cui il grande ballerino russo divenne direttore artistico dell’Opéra Ballet di Parigi, la più antica compagnia nazionale di balletto del mondo. Immediatamente, Nureyev iniziò a concentrarsi per far emergere i giovani e a coinvolgere il personale della compagnia per sviluppare la propria visione artistica. Per Sylvie questa rappresentava una grande occasione per dimostrare il suo valore e per imprimere un segno personale ai ruoli che le venivano offerti. Interpretò svariati ruoli solistici nelle coreografie di Nureyev, così come nei balletti del repertorio classico e nei principali lavori di maestri contemporanei come Balankine, Petit, Robbins, Forsythe, Van Danzig e Armitage, avendo così modo di sviluppare ulteriormente il suo stile e la sua capacità tecnico-artistica.

Il 19 dicembre 1984, Sylvie Guillem fu promossa a prima ballerina ma, solamente cinque giorni più tardi, dopo la sua interpretazione de “Il Lago dei Cigni” per la coreografia di Nureyev, divenne la sua più giovane étoile. Nei principali ruoli da lui stesso interpretati, Nureyev la volle spesso accanto come sua partner. Fu la sua Giulietta (“Romeo e Giulietta”), la sua Quitri (“Don Chisciotte”), la sua Raimonda (“Raimonda”) e, nel 1986, creò il ruolo di Cenerentola per la versione ispirata alla cinematografia hollywoodiana coreografata dallo stesso Nureyev, nella quale divideva la scena con enormi modelli di Betty Grable e di King Kong e si produceva in un numero di tip-tap abbigliata come Charlot, l’indimenticabile personaggio di Charlie Chaplin. Più tardi, lo stesso anno, la televisione francese la riprese nella sua interpretazione aggiornata del “Grand Pas Classique” di Auber, un divertissment studiato appositamente per mettere alla prova la capacità tecnica dei ballerini. Sylvie lo danzò con autorevolezza, esaltando al massimo grado la purezza della sua linea, la musicalità e il controllo dei movimenti.

Uno dei più creativi giovani coreografi che riconobbe e valorizzò il suo talento è William Forsythe. Nel 1987 all’Opéra di Parigi, Sylvie creò il ruolo protagonista in “In The Middle, Somewhat Elevated”, considerato ora un classico contemporaneo. Forsythe usa il linguaggio del balletto classico, reinventandolo in modi compessi prima sconosciuti, distruggendo i canoni usuali tradizionali del teatro e della danza. In the Middle nasce come brano di trenta minuti per venire successivamente esteso e inserito come sezione centrale nel balletto completo “Impressing the Czar”. In esso, Forsythe spinge i movimenti al loro massimo limite facendoli sembrare come pericolose sfide per i danzatori. Il ruolo era congegnale per Sylvie, dandole il modo di scoprire e dimostrare un altro aspetto del suo talento. Liberata dai lacci e lacciuoli del classicismo, fu capace di catapultare senza paura il suo corpo negli attacchi selvaggi e veloci previsti dalla coreografia, contorcendolo più di quanto richiesto in allungamenti, in angolazioni proiettate al di fuori del naturale punto di equilibrio e posizioni geometriche, interpretando la musica sincopata di Thom Willems. Produzioni di questo tipo misero Sylvie ancor più in luce di fronte al pubblico dei ballettomani di tutto il mondo. Si può dire che prima di lei il mondo della danza fosse ammantato di un’aura di roseo romanticismo in contrapposizione alla gamma caleidoscopica di colori della versatilità.

Nel 1988, la Royal Opera House celebrò il cinquantesimo compleanno di Nureyev invitandolo a danzare “Giselle” in una gala performance nella sua vecchia “casa” con il Royal Ballet. Nureyev, accettando l’invito, condusse con sé la sua nuova “protetta” presentandola al pubblico londinese. Il 6 gennaio debuttava come Giselle con Nureyev nel ruolo del suo Albrecht. Sylvie non ebbe alcun problema nell’avvincere l’audience, che rapidamente ne vide il puro e lucido virtuosismo. Nel primo atto conferì una innocente dolcezza al suo personaggio, dapprima triste e via via più radioso. I suoi assolo ricevettero cori ed applausi a scena aperta dal pubblico britannico, notoriamente conservatore e restio ad esprimere giudizi prima della chiusura del sipario. Ma vi erano anche coloro che si sentivano a disagio guardando la disarticolazione delle sue gambe, ritenendola più adatta a numeri circensi che all’atmosfera del balletto romantico. (Sylvie Guillem ebbe modo più tardi di rispondere alle critiche relative alla sua capacità di estensione affermando che se in Gran Bretagna il pubblico non era abituato a vedere una simile altezza mentre in Francia lo era e non aveva problemi a considerare estetico questo fatto, ciò non significava necessariamente che fosse sbagliato). All’inizio del secondo atto, con grande dispiacere degli spettatori, cadde rovinosamente, ma continuò a danzare al meglio dimostrando grande controllo e balancé nei lenti movimenti dell’adagio. Per lei, il gala fu un enorme successo, con grande ammirazione per il suo virtuosismo. Per Nureyev, invece, non fu un’occasione altrettanto felice. La superba tecnica di Sylvie enfatizzava la sua diminuita abilità e il declino della salute. La sera successiva ripeterono il successo e quindi ritornarono a Parigi. Nessuno dei presenti alle due rappresentazioni riuscì però a prevedere il futuro e ad augurarsi che un anno più tardi Sylvie sarebbe ritornata a per essere la principale artista ospite del Royal Ballet e per eleggere Londra a suo domicilio.

A partire dal 1989, pur continuando a danzare a Parigi, decise di costruirsi una propria carriera – che le dava il diritto di esibirsi ovunque con altre compagnie. Ma Nureyev non era d’accordo; egli era stato il suo mentore, l’aveva istruita alle sottigliezze della Scuola russa e l’aveva fatta diventare una stella di prima grandezza. In cambio, si aspettava che lei seguisse le sue direttive. Nonostante questo, lei decise di insistere. Come Nureyev impulsiva e poco paziente, ed essendo oltretutto entrambi di carattere volubile, Sylvie colse quest’occasione per lasciare l’Opéra. Bussò alla porta del Royal Ballet – per ironia della sorte la stessa compagnia che Nureyev adorava e che le aveva spesse volte decantato – e fu istantaneamente accettata. La sua partenza causò in Francia una terribile crisi il cui punto culminante venne raggiunto quando l’allora ministro della cultura Jacques Lang dovette risponderne in una interrogazione parlamentare. Il 15 aprile segna il debutto di Sylvie al Royal Ballet come principale artista ospite. Ballò “Il Lago dei Cigni” prodotto da Anthony Dowell con il suo nuovo partner, Jonathan Cope, del quale si disse fortemente ammirata. La sua rappresentazione scatenò l’entusiasmo del pubblico, ma di nuovo venne criticata dai puristi che la accusavano di privilegiare le proprie doti fisiche ed il virtuosismo all’espressività e alla sensibilità. Altri invece scrissero della profonda comprensione del personaggio e della finezza impressa del Cigno Bianco e della drammaticità dell’interpretazione del Cigno Nero. In ogni caso, la sua presenza fu molto emozionante da parte di tutto il pubblico e per gli spettatori il balletto fu brillantemente eseguito.

La sua vita al Royal Ballet fu molto diversa e ben più difficile rispetto a quella parigina. I retroscena della celebrità alla Royal Opera House significavano dividere un minuscolo camerino con anche altre cinque ballerine (mentre all’Opéra di Parigi lei ne aveva uno personale) e si fece la reputazione di essere altezzosa poiché non voleva mangiare alla mensa del teatro. Dalla stampa fu soprannominata “Mademoiselle Non” dato che non amava concedere interviste, consentiva solo a certi fotografi di ritrarla, causava mini-scandali adattandosi i costumi o indossandone di propri, modificava i passi per adattarseli meglio ed era assai chiara e decisa su cosa volesse o non volesse ballare. Inoltre pretese moltissimo da se stessa sia teatro che nella vita privata. Ma fu subito ben evidente per tutti che, quando si recava a teatro o alla classe, era per lavorare e non per parlare delle condizioni meteorologiche.

Durante il suo periodo con il Royal Ballet – e nel 1995 siglò il terzo contratto – ha avuto modo di imparare e insegnare diversi stili di danza. Dopo aver ottenuto un successo ballando i ruoli sia di Gamzatti che di Nikia ne “La Bayadère” e di Aurora ne “La Bella Addormentata”, riportò un trionfo nel “Romeo e Giulietta” di Kenneth MacMillan dove deliziò tutti con la sua interpretazione al contempo drammatica ed estetica. Accettò la sfida della tecnica “filigranata” di Frederick Ashton con alterna riuscita e, mentre la sua Cenerentola era briosa e naturale, alcune perplessità destò la sua Natalia Petrovna in “A Month at the Country”, poiché non fu capace di tradurre le sfumature del personaggio né di interpretare il morbido intreccio della coreografia.

Nel novembre 1990, Sylvie ritornò all’Opéra di Parigi per tre rappresentazioni della “Manon” di MacMillan. L’evento provocò una grandissima agitazione e l’atmosfera fu quasi quella di un concerto di musica pop. La sua esibizione fu solo una dimostrazione di ciò che i Francesi avevano perduto in favore dei Britannici.

Sia con il repertorio classico che con le coreografie britanniche contemporanee, Sylvie Guillem è stata capace di mostrare la sua versione dello stile Forsythe nelle produzioni del Royal Ballet di “In the Middle, Somewhat Elevated” ed “Hermann Schmerman”, in cui la sua danza provocante e competitiva con il partner Adam Cooper le dava ampie possibilità di virtuosismi con le gambe e di far volteggiare la parte superiore del corpo – la metà superiore del quale era coperto da un velo trasparente molto sexy.

Ma forse è la sua collaborazione con Maurice Bejart che ha rivelato gli aspetti più interessanti del suo lato contemporaneo. Sylvie rappresentò il suo primo lavoro di Bejart, senza la sua autorizzazione, al Concorso di Varna e successivamente lavorò insieme a lui all’Opéra di Parigi ma è la sua recente interpretazione di “Sissy”, nella quale esplora la mente e il carattere dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria (o forse soltanto di una donna pazza delusa di essere l’imperatrice) che mostra l’empatia fra il coreografo e la musa ispiratrice. Con la rapida caduta del personaggio dentro la pazzia, Bejart ha sfidato Sylvie a guardare in profondità dentro se stessa e ad usare il suo corpo come lo strumento per esprimere il suo turbamento.

Sylvie Guillem è stata insignita di molti premi e riconoscimenti internazionali ed è stata invitata a danzare con le più importanti compagnie del mondo, fra cui il Teatro Kirov di San Pietroburgo e l’American Ballet Theatre di New York, prima ancora di aver compiuto trent’anni.

Nel 2015, a cinquant’anni, ha dato l’addio alle scene con l’applauditissimo tour mondiale “Life in Progress”.

Documentario sulla vita di Sylvie Guillem
Forza della Natura (in due parti)


A cura di Alberto Soave


Fonti:

  • vari siti Internet
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo:

Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social media e analizzare il nostro traffico. Inoltre forniamo informazioni sul modo in cui utilizzi il nostro sito alle agenzie pubblicitarie, agli istituti che eseguono analisi dei dati web e ai social media nostri partner. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi