Torino, Cesare Pavese e Loredana Furno

Quando si parla di Torino è facile collegare questa splendida città a Cesare Pavese.

Cesare Pavese e Constance Dowling

“Città della fantasticheria, per la sua aristocratica compiutezza composta di elementi nuovi e antichi; città della regola, per l’assenza assoluta di stonature nel materiale e nello spirituale; città della passione, per la sua benevola proprietà agli ozi; città dell’ironia, per il suo buon gusto nella vita; città esemplare, per la sua pacatezza ricca di tumulto. Città vergine in arte, come quella che ha già visto altri fare l’amore e, di suo, non ha tollerato sinora che carezze, ma è pronta ormai se trova l’uomo, a fare il passo. Città infine, dove sono nato spiritualmente, arrivando di fuori: mia amante e non madre né sorella. E molti altri sono con lei in questo rapporto. Non le può mancare una civiltà, ed io faccio parte di una schiera. Le condizioni ci sono tutte” scriveva Pavese in uno dei suoi libri più noti: Il mestiere di vivere – 17 novembre 1935.

La Torino di Pavese non era ancora quella in via di profonda trasformazione per effetto del Miracolo Economico. Allora le case editrici costituivano una grande forza politica, economica e culturale, e di cui oggi si stenta a difendere la tradizione. Ma Torino rimane uno di quei luoghi privilegiati nei quali il particolarismo si confonde con l’universalità. Torino è, infatti, luogo meta-storico e geopolitico per eccellenza, caratterizzata da una cultura di frontiera. “Santuario” dei patrioti italiani; città di aristocratica cultura, di modernismo industriale ed operaio, di grande impresa internazionale, di post-industrialismo. Torino costituisce un po’ la metafora di un’Europa che, da sempre, è il regno, e la roccaforte, della “cultura della complessità. E se Pavese la amava per tutto questo, lei gli è ancora riconoscente per questo amore.

Giulia Graglia

E a 70 anni dalla sua morte Torino ha voluto dedicare a Pavese una serata che si è svolta mercoledì 7 ottobre 2020, alle ore 20.45 al Teatro Carignano. “Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi” dice il titolo di questo appuntamento curato e moderato da Giulio Graglia, regista, sceneggiatore, direttore artistico di grandi eventi nazionali e internazionali, che per l’occasione ha portato sul palco Valter Boggione (Università degli Studi di Torino), Paolo Borgna (Magistrato), Lorenzo Mondo (Giornalista e scrittore), Bruno Quaranta (Giornalista e scrittore), Pierluigi Vaccaneo (Direttore Fondazione Cesare Pavese). Tutti personaggi che in qualche modo hanno avuto a che fare con Pavese e che piacevolmente lo hanno ricordato.

Ma noi non scriveremmo di questo su Informadanza se non ci fosse in qualche modo un’attinenza con il mondo del balletto.

Se Torino ama cesare Pavese, Torino ama molto anche un’altro grande personaggio della città, la ballerina Loredana Furno che, come scrisse un grande critico su un libro a lei dedicato, è per definizione “la regina di Torino”. Titolo che la Furno mantiene ancora solido grazie alle sue capacità non solo di danzatrice ma anche di imprenditrice che la hanno portata ad avventure professionali internazionali.

Ebbene mercoledì 7 ottobre al Carignano non poteva mancare questa regina che, a sorpresa per tutti, nel 1990 è stata protagonista di un breve documentario che riguardava uno degli amori di Pavese, l’attrice Constance Dowling. Conosciuta sul set di “Riso Amaro”, insieme alla sorella Doris impegnata nel film con Silvana Mangano, Constance fa innamorare Pavese. Per lui rappresenta naturalmente l’amore, ma non solo. È tutto il suo passato: è l’America, la poesia, la giovinezza perduta. E nel documentario girato proprio da Giulio Graglia in un freddo inverno, è Loredana Furno a prendere le vesti dell’attrice americana.

Loredana Furno ai tempi del documentario su Pavese

E così, in una pellicola rigorosamente in bianco e nero, indossando abito e acconciatura tipica degli anni’50, ammiriamo la ballerina che se non danza, si muove naturalmente con grazia tra le foglie secche dei giardini di Piazza Cavour dove è stato girato il documentario.

Non ho conosciuto personalmente Pavese, ero troppo piccola quando è morto – ha detto la Furno intervistata alla fine della proiezione – ma era mia madre, che lavorava presso la UTET, a spingermi a leggere i suoi libri nelle mie pause tra lezioni di danza e prove. E così ho naturalmente imparato ad apprezzarlo in quelli che sono i suoi romanzi più acclamati”.

La serata, impreziosita anche dagli interventi dei giovani attori Roberta Lanave e Marcello Spinetta (diplomati alla Scuola di recitazione dello Stabile di Torino) che hanno letto brani di Cesare Pavese, Edgar Lee Masters, Herman Melville, era organizzata dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con Fondazione Cesare Pavese, Università degli Studi di Torino, Rai Teche.

Tantissime le presenze in platea e sui palchi, ovviamente nei limiti delle regole dettate dal Covid, il che ancora una vota dimostra quanto il pubblico abbia bisogno di tornare a teatro, di ascoltare il bello e di tornare così attraverso la cultura a vivere.

Francesca Camponero

[Nella foto in alto Loredana Furno alla serata su Pavese]

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