Danza e cinema, grande amore da fine ’800

La danza è la forma di arte che ha letteralmente conquistato la cinematografia, già dagli inizi.

Loïe Fuller

Una ricerca ci porta a riscoprire alcune rarità e assoluti capolavori del cinema dei primi del ‘900: Loïe Fuller ripresa dai fratelli Lumière, Ruth Saint-Denis per la Edison, e tante altre, numerose danze e danzatrici con spade, ombrelli e gonne oversize.

I fratelli Auguste e Louis Lumière, inventori del proiettore cinematografico e tra i primi cineasti della storia, girarono un filmato dedicato alla danza classica, nel 1895, Pas de Deux, di cui purtroppo non rimane traccia. Ma ci resta un altro filmato dal titolo Dance des Ciociari, girato nel 1896 che è la prima testimonianza su pellicola della cultura locale.

Il filmato dei fratelli Lumiére mostra alcune coppie ballare sotto la gradinata di Piazza di Spagna. È in assoluto il primo documento filmico che riguarda la Ciociaria e la sua cultura popolare. I figuranti ballano il ‘saltarello’ in costume tipico, con le immancabili cioce che si intravedono ai piedi degli uomini. La visione del filmato unisce l’emozione degli albori della cinematografia a quella della tradizione perpetuata nel progresso.

Ma a parte questo documento che non mostra ballerini professionisti, invece ne resta uno molto importante che riguarda Loïe Fuller ( 1862- 1928), punto di riferimento per un’intera generazione di artisti: Toulouse-Lautrec, Rodin e i fratelli Lumiere la ammiravano devotamente.

La Fuller fu scritturata nel 1892 alle Folies Bergère, dove riscosse enorme successo. È stata ricercata e ritratta dagli artisti dell’epoca, tra i quali Henri de Toulouse-Lautrec. Grazie alle sue conoscenze sulla illuminotecnica dovute alla sua esperienza su palchi teatrali, la Fuller si rese conto che il dinamismo del movimento aveva un effetto totale se gli si aggiungeva colori, musica e luce. Da questa intuizione è nata la Danza Serpentina, una delle prime a essere riprodotte grazie ai primi passi verso il cinema.

Le voyage dans la Lune d iGeorges Méliès

Avvolta come in un bozzolo, dentro metri e metri di seta bianca, le braccia rese infinite dalle lunghissime bacchette che impugnava, Loïe si muoveva sul palco a ritmo di musica, mentre luci e colori le danzavano sul corpo disegnando a loro volta immagini e figure. I fratelli Lumiere ripresero questa danza che fu il primo brano di danza in assoluto trasposto nel cinema. La pellicola, a dispetto dell’idea che il cinema degli esordi sia stato esclusivamente in bianco e nero, fu colorato nella fase successiva alla ripresa e, pur non potendo essere perciò oggettivamente fedele allo spettacolo originale, è in grado di restituirci, tuttavia, in maniera ottimale l’idea di quello che potesse essere stato: Loie Fuller scompare avvolta nei veli e ricompare nuovamente trasformandosi, di volta in volta, in un fiore o in una farlfalla dai colori diversi.

Nel 1920, fu la stessa Loie Fuller a realizzare un film proprio in qualità di regista e scenografa: “Le Lys de la vie”, che aveva tra gli interpreti anche lo storico attore e regista d’avanguardia René Clair. L’opera fu, come i suoi spettacoli teatrali, costruita su una serie di effetti speciali (già in uso da registi d’avanguardia quali Clair, appunto), come l’uso dei negativi della pellicola intercalati ai positivi.

La danza nei film di Georges Méliès

Ma il magico connubio fra danza e cinema  fu portato avanti anche da Peter Elfelt, fotografo di corte del Balletto Reale Danese, che, con una sola cinepresa fissa, nel 1902 realizzò filmati delle prove e delle esibizioni del balletto e delle coreografie di Bournonville. Questo materiale è ancora oggi importantissimo per l’archivio storico e di studio della compagnia.

Ma non va certo dimenticato il geniale Georges Méliès, che con il più antico filmato integrale di balletto, la Danse au Serail (1897), fa danzare il suo cinema attraverso l’utilizzo di trucchi ottici, montaggio e macchine teatrali e della collaborazione di danzatori in carne e ossa, come in La lanterne magique (Lanterna Magica) del 1903.

Serge Lifar, coreografo e maestro di balletto dell’Opera di Parigi dal 1930 al 1944 e dal 1947 al 1958, realizza una serie di film-documenti per la sua compagnia (uno, in particolare, con la Ulanova) e per il suo maestro Nijinskij, verso la fine degli anni ’20. Il documentario è una fonte prima e preziosissima dell’esperienza dolorosa ed emozionante della follia del ballerino che, rinchiuso in una cella, riesce ancora a danzare con leggiadria e perfezione di movimento.

A questo proposito val la pena ricordare due documentari importanti La danse éternelle e Symphônie en blanc, sull’Opéra di Parigi (di cui era direttore Nijinskij) diretti da René Chanas e prodotti da F. Ardoin, il primo incentrato sulle origini e gli sviluppi della danza nelle diverse culture e fasi storiche; il secondo, sulla danza classica e sul suo rapporto con il palcoscenico e con la coreografia. Sono film importantissimi per le performance registrate di Chauviré, Darsonval, delle sorelle Lorcia, Schwartz, Lifar stesso, Peretti, e dell’intero corpo di ballo dell’Opéra.

Anche David Griffith è rapito dalla danza, ad esempio in Intolerance: Love’s Struggle Throughout the Ages (1916) con le gigantesche parate di danzatrici coordinate da Gertrude Bambrick e dai fondatori della Denishawn School of Dance of California, Ruth St. Denis e Ted Shawn.

Charlie Chaplin

E ancora, Charlie Chaplin con la danza dei panini in The Gold Rush (La febbre dell’oro, 1925) e Limelight – Luci della ribalta (1951), Jacques Tati e Marcel Marceau.

In Italia, nello stesso periodo, c’è Ballo Excelsior (1914), tratto dall’omonimo balletto e diretto da Luca Comerio, e La nave (1921) di Gabriellino D’Annunzio, film ispirato alla pièce del padre e che vede la partecipazione della star dei Balletti Russi Ida Rubinštejn.

Infine, sempre nelle prime decadi del ‘900, si sviluppano movimenti artistici eccentrici ed esuberanti nei confronti delle ultimissime tecnologie, come il Futurismo: Vita futurista (scritto dal Movimento nel 1917), con le coreografie di Fortunato Depero, Balli plastici Anihccam 3000, e gli esperimenti sulla velocità e sul tempo cinematografico (in ralenti e velocizzazioni) di Hans Richter.

Con lo svilupparsi di nuove tecniche di ripresa e di montaggio, e il contributo fondamentale della scuola cinematografica russa, si pongono le prime difficoltà e i primi dubbi sulla modalità di inserimento ottimale della danza in un film. Il dilemma principale, e mai definitivamente risolto, coinvolge tanto la ripresa, quanto il montaggio, dando risalto alle strutture indipendenti dal mezzo cinematografico registrante oppure creando una nuova struttura, che possa rendere irriconoscibili le strutture di movimento presistenti.

La danza dunque, terreno di disputa tra queste opposte concezioni, diventa l’occasione per il cinema di mostrare la sua più sfrenata libertà di espressione, rispetto al puro entertainment, oltre che all’atto performativo in sé.

Francesca Camponero

[Nella foto in alto, la Danza Serpentina di Loïe Fuller]

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