Flow dei Linga, un fluido che rapisce

Marco Cantalupo, fondatore insieme a Katarzyna Gdaniec della Compagnia Linga, è senza dubbio uno dei nomi eccellenti della danza italiana all’estero. La Compagnia è una realtà stanziale della scena svizzera al Théâtre l’Octogone di Pully, dove nel gennaio 2017 ha festeggiato ben 25 anni di attività.

Foto di Michel Bovay

Purtroppo in Italia e tantomeno a Genova è molto difficile che arrivino spettacoli di alta qualità come quelli prodotti da Cantalupo e Gdaniec, ma per fortuna quest’anno la rassegna della Tosse “Resistere e Creare” (sotto mio suggerimento) ha dato spazio a questa eccellente compagnia nella serata di sabato 7 dicembre dove alle 20,30 si è esibita nella sala Aldo Trionfo con la prima nazionale di Flow, spettacolo vincitore del Swiss Dance Award 2019, uno dei quattro premi svizzeri di danza 2019 nell’ambito del Concorso svizzero di danza «Creazione attuale di danza».

Flow significa flusso ed è proprio un flusso quello che vediamo in scena dal primo momento in cui i 7 danzatori, quattro femmine e tre maschi, si muovono come canne al vento dietro un vento immaginario dettato dai suggestivi suoni delle musiche originali Keda (Mathias Delplanque et E’Joung-Ju). Il gruppo si ascolta e si sposta a unisono creando un’onda bellissima e dolce che rapisce e porta lontano.

L’idea di Katarzyna Gdaniec e Marco Cantalupo trae ispirazione della natura selvaggia, dal volo degli stormi di uccelli a quello degli sciami di insetti, dal nuoto dei pesci fino a quello delle migrazioni dei mammiferi sulla terra. Ed ecco che il gruppo di danzatori si muove sempre più velocementa da destra a sinistra e viceversa per poi formare un cerchio in cui la corsa capitanata da uno si va a rompere poi per lasciare spazio ad un altro conduttore che ne detterà il percorso. Tutte formazioni flessibili e fluide in grado di modificare istantaneamente la velocità e la direzione senza perdere coerenza, proprio come quelle degli animali o delle piante mosse dalle brezze.

Foto di Gert Weigelt

In questo movimento armonioso c’è una grande consapevolezza dello spazio che viene utilizzato con sapienza e appunto fluidità. Nessun punteggio coreografico inflessibile, anzi.

La scenografia è scarna, un tappeto bianco dominato dall’alto da un soffitto mobile, anch’esso bianco, maneggiato con maestria da un tecnico della compagnia che lo alza o abbassa secondo un disegno preciso assecondato da uno splendido disegno di luci rosse, verdi, blu che sembrano determinare il cambio delle ore di una giornata, ma anche quello delle stagioni o semplicemente l’umore del gruppo.

Poco contatto fra i danzatori se non qualche presa a metà spettacolo in cui il gruppo tira su prima una femmina, poi un maschio con un’evocazione bejartiana che ci riporta alla Sagra della Primavera del grande coreografo della compagnia di Losanna.

Foto di Gert Weigelt

Tutto termina come era iniziato, il gruppo si ricompatta per muoversi dolcemente dietro ad una brezza immaginaria e volgere poi al sonno istintivo che naturalmente segue dopo una giornata di fatica che i ballerini rappresentano in un’ora intensa di lavoro in cui non li vediamo fermarsi mai.

Spettacolo elegante ed emozionante che si interroga sulla relazione tra individuo e gruppo, i limiti tra costruzione e istinto con un disegno globale in cui lo sguardo vicendevole dei due coreografi è basilare per un traguardo comune. Ogni danzatore è diverso dall’altro e trasmette una sensazione di autenticità che attrae lo sguardo del pubblico che si sofferma con curiosità prima su di uno poi su di un altro. I componenti della Compagnia (Aude-Marie Bouchard, Marti Güell Vallbona, Ai Koyama, Andor Rusu, Manuela Spera, Csaba Varga, Cindy Villemin) sono tutti di nazionalità diversa e, si sa, la multiculturalità rappresenta sempre una grande risorsa e nutrimento. Ed ecco che il prodotto finito prende vita, forse sfuggendo ogni volta un po’ al controllo di Marco e Katarzyna, ma arrivando dritto al cuore di chi è seduto in platea.

Francesca Camponero

[La foto in alto è di Gert Weigelt]

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