Parola e danza nello spettacolo che racconta la poesia di Alda Merini al Teatro Nazionale di Genova

Un pianoforte verticale rovesciato, rovesciata anche una sedia su un deserto di sabbia in cui sono sdraiati cinque personaggi, corpi inermi abbandonati che già parlano senza ancora raccontare… e poi c’è lei, grande, bionda come Jean Harlow e come lei bella, Milvia Marigliano che interpreta la poesia di Alda Merini.

Così si apre Alda diario di una diversa, la nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova, che porta la firma di Giorgio Gallione per la drammaturgia e la regia.

All’interno di quello spazio sospeso quasi lunare creato da Marcello Chiarenza, scorre la memoria di un sentire umano drammatico, segnato da ferite profonde, quelle inferte ad una donna per ben 12 anni all’interno di un ospedale psichiatrico, il Paolo Pini di Affori, Milano fino a che « apersero i cancelli […] », grazie alla legge Basaglia (Legge 180 del maggio 1978).

Milvia Marigliano

«Una sedia? Io sono come una sedia, una sedia vuota su cui non siede mai nessuno ». Questa la prima battuta della protagonista che fa uscire da subito tutta la sofferenza di chi è nata sola e sola resta per tutta la sua esistenza. Milvia Marigliano, che conferma un talento che le è valso il Premio Teatro Napoli 2011, ed il Premio dell’Associazione dei Critici del Teatro 2015, apre così un monologo che ha il taglio di un’intima confidenza urlata al pubblico con tutta la forza ed il coraggio di chi non si vuole arrendere… mai.

Intorno a lei cinque danzatori (4 femmine ed un maschio) che attraverso i movimenti sapientemente studiati dal coreografo Giovanni Di Cicco, descrivono tutti i sentimenti che stanno dentro il cuore della Merini: solitudine, malinconia, ma anche (e soprattutto) dolore e rabbia, senza dimenticare amore e sensualità vissuti in quelle passioni provare prima e durante l’internamento nel manicomio.

Le quattro ragazze in scena, bellissime, dai lunghi capelli di seta, sono i suoi alter ego, ma anche i suoi amanti, e le quattro figlie, quelle che lei ha sempre aspettato quando era rinchiusa ed anche dopo, quelle che non sono mai andate a trovarla e che hanno contribuito alla sua profonda solitudine.”Il destino non mi ha concesso di essere una vera madre” dice ad un certo punto il testo mentre scende una porta che non ha ante attraverso la quale l’attrice passa togliendosi le scarpe coi tacchi oramai colme di sabbia.

Milvia Marigliano

Ed è proprio la sabbia la protagonista di questo spettacolo, sabbia che scende forte a pioggia sulle quattro danzatrici  raccolte in un angolo, proprio mentre l’attrice racconta le cose più dure, sabbia che come quella all’interno della clessidra segna il passare inclemente del tempo. Sabbia che non si può afferrare e costituisce un terreno incerto in cui inevitabilmente si sprofonda.

Giorgio Gallione in questo suo ultimo stettacolo ha fatto un ottimo lavoro usando un linguaggio da lui già collaudato. Senza dubbio qui più che mai è stato vincente sovrapporre forme artistiche diverse che creano un tutt’uno fra la parola e il gesto. Linguaggi che si completano ed amalgamo con eleganza, offrendo al pubblico un’ora di spettacolo emozionante e di alta qualità.

Oltre alla grande interpretazione di Milvia Marigliano un plauso va senz’altro al gruppo di danzatori del gruppo Deos di Di Cicco: Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Chiocchini, Noemi Valente e Francesca Zaccaria, che ci hanno regalato quadri di grande intensità. Lo spettacolo è in scena al Duse fino all’11 novembre 2018.

Francesca Camponero

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