Outre la Danse

Inizia con questo articolo/riflessione di Massimiliano Craus una collaborazione che ci auguriamo sia intensa e duratura. Qualche settimana fa abbiamo ricevuto una prima mail di contatto, ci siamo scambiati i numeri di telefono e abbiamo avuto una serie di conversazioni molto interessanti. Soprattutto, e questo è quello che conta, abbiamo scoperto di avere la stessa visione e di condividere le stesse preoccupazioni per il futuro della danza in Italia. E speriamo di riuscire, lavorando insieme, a contribuire alla crescita di questo movimento, alla diffusione sempre più capillare di questa bellissima arte tanto maltrattata.

Siamo felici di pubblicare per primo questo articolo perché si coniuga perfettamente con altri progetti che, da tempo, stiamo sviluppando insieme all’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli, associazione genovese di volontariato che opera nell’ex Ospedale Psichiatrico di Genova Quarto (in particolare, ne curiamo il sito www.imfi-ge.org). Lì la danza viene praticata in chiave terapeutica, con una serie di progetti che coinvolgono i degenti della struttura e la cittadinanza del quartiere.

Le fotografie che ci sono state fornite e che volentieri pubblichiamo, sono dei veri e propri “pugni nello stomaco”. Gli Ospedali Psichiatrici, specie quelli storici, sono stati realizzati più come luoghi di detenzione che di cura. All’interno delle loro mura, generalmente austere, cupe, sempre uguali, si sviluppavano percorsi di inaudita sofferenza. Sono luoghi che, oggi, dopo la chiusura, rimangono a memoria di un passato di repressione. Luoghi di esclusione e di respingimento, simboli della vergogna che la cosiddetta società “normale” provava nei confronti del “diverso”.

Ci piace sottolineare – e crediamo in questo modo di interpretare anche la sensibilità di Massimiliano Craus – come la danza possa essere strumento di denuncia e di coinvolgimento sociale, [La redazione di InformaDanza]

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Op5Nel panorama internazionale delle celebrazioni della Giornata Mondiale della Danza 2016 abbiamo sbirciato tra i tanti programmi in giro, rilevando tra le numerose iniziative la presenza di una mostra fotografica ad Avellino, curata da Luigi Bilancio con il nome alla francese Outre la Danse.

Fin qui entriamo nel novero della normalità fin quando non ci addentriamo, in compagnia tra amici di lungo corso quali il direttore della scuola di ballo del Teatro di San Carlo di Napoli Stephane Fournial ed il direttore del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino Dario Bavaro, scoprendo una serie di foto in bianco e nero 60×90 esposte in cornici bianche, lungo una parete che diviene in breve tempo un itinerario della mente su cui non possono che soffermarsi le nostre menti.

Finalmente ci siamo trovati al cospetto di una mostra di danza vera, nell’accezione che tutti e tre noi speravamo di incrociare quanto prima. Non le solite mostre di fisici straordinari, colli irripetibili, pose innaturali e via scorrendo. No, stavolta ci siamo trovati al cospetto di un progetto davvero Outre la Danse, Outre di nome e di fatto. L’ambientazione scelta dal fotografo Luigi Bilancio è l’ex Ospedale Psichiatrico di Napoli Leonardo Bianchi, nosocomio chiuso per legge qualche anno fa ed ormai abbandonato da tutto e da tutti. In città si conosce bene la struttura monumentale della Calata di Via Capodichino, soprattutto si è a conoscenza dello stato pietoso di abbandono in cui versa da tempo. Eppure non si poteva immaginare che quelle migliaia di metri quadri di spazi abbandonati e tristi potessero ancora offrire così tanto.

OP2Luigi Bilancio si è immaginato un viaggio nel tempo, un itinerario silente durante il quale la danza andasse a braccetto con il senso di abbandono protagonista dell’ex manicomio Leonardo Bianchi, in una denuncia gridata sottovoce, manifestata a caratteri cubitali ma rigorosamente in bianco e nero, proprio nello stile discreto e pacatissimo del professionista Luigi Bilancio che abbiamo ascoltato proprio in quell’occasione. Lui stesso ci ha spiegato le ragioni che l’hanno spinto ad un gesto di denuncia così estremo, conducendo il fragile corpo della danzatrice Rosaria Iovine nei meandri del gigante abbandonato, adagiandola su ammassi di libri antichi e su reti di letti distrutti, tra vasche da bagno logore ed infissi divelti, erbacce ovunque ed un senso di abbandono che pervade l’intero mondo del Leonardo Bianchi e di Outre la Danse. E proprio qui viene il bello, ovvero la tesi progettuale di Luigi Bilancio che si scaglia contro l’indifferenza del mondo della danza verso la danza stessa, quel senso di abbandono tipico di un manicomio abbandonato dove prima vegetavano uomini e donne abbandonati dalle proprie famiglie e dalla società. Outre la Danse è una di quelle denunce senza sé e senza ma, connotata di ombre e luci nello stesso contesto che insieme denotano lo status quo del mondo della danza.

Come lo stesso Luigi Bilancio ci ha chiarito a più riprese,

il progetto di Outre la Danse è nato dal desiderio personale di raccontare  il dietro le quinte della danza, evidenziarne il sacrificio, la passione, il dolore, la solitudine e a volte anche la pazzia, quel termine pazzia spesso usato per definire il danzatore. Ho voluto spingere oltre ogni limite il concetto di sacrificio, fino a farlo sfociare in una sorta di abbandono totale per la danza con la danza nella danza… abbandonarsi ed essere abbandonati dalla società, dai media, dalla mentalità consumistica, insomma da tutte quelle persone che oggi ritengono superfluo sacrificarsi per una passione.

Ho voluto portare una danzatrice in un manicomio abbandonato, perché è quel luogo, un luogo di abbandono e abbandonato, un luogo dove venivano lasciate morire dalla società persone malate, persone definite pazze o semplicemente diverse. Oggi quel luogo che per anni ha accolto quelle persone accoglie la danza. A questo proposito voglio ringraziare una volta per tutte mia moglie Gigia Esposito per la scelta coreografica delle fotografie, il costumista Leandro Fabbri, la dirigente del Polo Archivistico Sanitario dott.ssa Anna Sicolo ed il direttore generale dell’ASL Napoli centro dott. Ernesto Esposito.

La prima esposizione della mostra è avvenuta poco più di un anno fa eppure l’eco è violenta quanto quei primi giorni, con migliaia di visitatori che nel frattempo hanno accolto Outre la Danse proprio come noi il 29 aprile scorso ad Avellino. Un turbinio di emozioni trasferite a piè pari all’EXPO di Milano del 2015, quando una foto raffigurante il dolore della danza, della danzatrice e delle cattive abitudini alimentari hanno lottato fieramente contro la bilancia ed il suo peso specifico. Una lotta interiore ed esteriore che Luigi Bilancio ha saputo mettere in bella mostra in un marasma di iniziative che purtroppo cedono troppo spesso il fianco alla quantità piuttosto che alla qualità.

Massimiliano Craus

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2 pensieri riguardo “Outre la Danse

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